Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

Ricordi della Gina 643 cinesi, anche se il fiume -si chiama Yang tze, Fiume azzurro. Vedevo grandi giunche passare, tutte con un cannone a prua, perché sulla sponda opposta vi era una banda di briganti in azione. I barcaioli remavano e si scambiavano t!a loro parole minute come cinguettii. All'approdo sull'isola un gruppo dì lebbrosi mi accolse col saluto: « Tin ci po lao )) (Dio ti benedica). La storia di questo lebbrosario è delle più tragiche e più tor– mentate. Venne fondato dal pad.Te Konrardi; da solo andava di città in città a raccogliere gli ammalati. Il lebbroso è un morto vivente. Parte del suo corpo muore di giorno i:o.giorno, si stacca da 1ui ; la famiglia lo scaccia di casa e disonorevole per i pà– renti è pronunciare il suo nome. Sotto il governo comunista di Can– ton i lebbrosi venivano cosparsi di benzina e arsi vivi. L'attuale governo passa una lira al giorno per ogni ammalato che se è miglior cosa, rimane tuttavia inadeguato aiuto. Tutto riesciva avverso alla volontà di padre Konrardi, ma la sua fede vinse. I leb– brosi non volevano saperne di stare relegati in un'isola e organiz– zarono feroci rivolte contro il missionario che da solo, coll'esempio della sua estrema pietà, seppe placarli. Al morente baciandolo di– ceva: « Coraggio, presto tu sarai un bellissimo angelo in cielo>>. Riusci a distoglierli dal fumare l'oppio, indurli al lavoro, con– vertirli al cristianesimo. Lavorarono il terreno dell'isola, impian– tarono i gelsi, allevarono i bachi da seta, costruirono i telai e si i_ded!i.caronoalla pesca, vennero venduti i prodotti, fecero ·i primi guadagni e ognuno ebbe il suo peculio. !Ma appena creata la pace interna e trasformata l'isola in laboriosa colonia, ecco i banditi accanirsi contro questo capolavoro della pietà umana e conside– rarlo come mèta delle loro imprese. Alla furia degli uomini s'ag– giunse quella della natura, e non passa anno che impetuose inon– dazioni non vengano a sommergere l'isola obbligando i ricoverati a porsi in salvo sulla riva vicina. Padre Konrardi mori di lebbra. Era la sua ambizione. A chi lo ammoniva di aversi dei riguardi, rispondeva : «Non sono degno di una decorazione cosi bella)). Come fu angosciosa questa mia visita all'isola dei lebbrosi r Tutti i frutteti erano in fiore, le farfalle volteggiavano nell'aria acre e densa. Gli ammalati stavano negli orti a coltfr11re gli ortaggi, altri ai telai nelle aride stanze, un gruppo di donne pregava nella piccola chiesa azzurrina e i ragazzi giocavano al calcio. Sentivo le loro grida gioiose identiche a quelle di tutti i ragazzi del mondo, non potevo credere che anch'essi fossero già preda del male or– rendo che scompone il volto, che mutila gli arti ; ma il missionario mi additò le bende alle loro mani dove già si erano manifestati i primi segni. « Solo morendo, guariranno)), egli mi disse. Poi vi– sitai la casa della morte, dove giunti all'ultimo stadio vengono ri– coverati in attesa della liberazione. « Tin ci po lao >>(Dio ti be- Biblioteca Gino Bianco

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