Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

AMBULA.TORIO. PER SOLI POVERI. Non avevo alzato il capo. I nuovi venuti stavano anc6ra·in piedi, alle mie spalle e avevano risposto alle domande consuete : nome, età, domicilio, senza che io avessi avvertito nulla di singolare. Ma quando chiesi i nomi dei genitori, la voce di donna che rispond'eva ebbe un'incertezza insolita : più che pausa, reticenza imbarazzata. Volsi, un momento, il capo verso colei che parlava per l'ammalata e chiesi: - D'ignoti ? . Vidi un volto triste e confuso che pareva implorare il silenzio. Poi, al mio gesto interrogativo che affrettava una risposta, la donna disse: · - Si.. .. cioè, veramente, no .... Sa, è una gran disgrazia. - Ebbene? - I genitori sono morti, tubercolosL Erano .... sa .... fratello e sorella. ' Allora, di scatto, mi volsi a guardare l'ammalata. Sorrideva, tutta vestita di rosso. Un'adolescente. Bella, d!'una bellezza fragile e provvisoria. Nel volto innocente un sorriso am– biguo :fingeva una felicità impossibile. Umanità disumana e quasi sacra. Piegai il capo sull~ scheda e continuai l'interrogatorio. Per non guardarla. Dieci anni sono, Merlo fu malato e stette qualche mese in ospe– dale. Ohe cosa abbia fatto in tutto qùesto tempo è possibile imma– ginarlo, impossibile precisarlo. Nemmeno lui, Merlo, lo potrebbe. Ha vissuto alla giornata suonando le campane delle chiese, vendendo bottoni e lacci per le scarpe o merce rubata, ha sguazzato in pe– scheria, sotto i banchi, a pulire il pesce, ha fatto forse il ruffiano, se l'occasione era propizia. Ma senza cattiveria: tanto da guada– gnarsi una lira per la minestra e una per il dormitorio. Da quando ha saputo che c'era un « patronato )) per i dimessi dall'ospedale, ne è diventato un cliente abituale. Ricorre a noi per un sonnifero, per un unguento, per una purga e, sopratutto, per ottenere qual– che lira di sussidio. Un giorno mi sono stancato e gli ho detto : BibliotecaGino Bianco

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