Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

R. CALAMANDREI, Berlino eoo. 621 cli lettori. Quellè pagine furono ritrovate poi dai familiari e formano ora il volumetto postumo, Le balze di San Lazzaro. E che sapiente e saggio, che caro scrittore si era maturato in quel– l'uomo attivo ma schivo e solitario pur tra gli uomini! Sono paginl:l di vita agreste, scritte tutte nella villetta di San Lazzaro, presso Monte– pulciano, durante le vacanze estiv,e. Con quale sorridente malinconia, con che intimo piacere l'educatore,• il moralista si era ora ripiegato a educar piante, a tener su viottoli, ad amar le bestiole, le rondini gli uccelli, e sino i serpi e i rospi, nelle sue balze di .San Lazzaro ! Q~esto è il sapor sottile del libretto : tra le piante, con gli animali, si ritrova– un po' cli quella •fiducia che ,si era persa tra gli uomini. Il Calamandrei non lo dice mai, ma ve lo lascia intendere sempre: la vita gli ha insegnato il piacere del poco: zappone, pala, pennato, forbici potatoil:l, scalpello; eooo gli strumenti che possono fargli passare un'estate felice. Quanto allo scrittore (quello sbrigativo giovanotto là di Berlino) s' è affinato tanto fino ad avere ora la di,s,crezione ironica di accennare un apologo senza concluderlo . .Sul tufo arido dei ,suoi campicelli a San Lazzaro, il Calamandrei pianta gli olmi le acacie i cipressi i pini gli agrifogli le querci, eppure sa, che li in quel duro cresceranno poco o non crescéranno. E non lo turba, anzi gli piace l'ironia del colono: « Pietro, il colono, piantò me presente, ,sopra un muro a seooo, tre aceri cli un palmo. An– giolino allora giovinetto, disse ironicamente al babbo (neppure la ve– neranda presenza del ,padrone risparmiò la, corbellatura!) - Li ète messi a predicà. - Si, caro Angiolino, son sempre su quel ,pulpito a pre– dicare, non cresciuti cli un centimetro. tMa non io li farò mai spiantare, io che, guardandoli, riodo il tuo frizzo e penso alla tua balda giovinezza più tardi troncata sul Carso in difesa della patria ii. Per quante mai ragioni ci si può affezionare anche a un alberello che non cresce. E far propria l'opinione dei contadini che n,· in quell'orlo tra la Valdichiana e la Valdorcia, a ,sessanta miglia di distanza!, certe sere sentono il mare: «Incerte serene giornate di autunno, o d'inverno, si odono dalle balze misteriosi colpi lontani, che la scienzJl, non spiega perché di ragioni ne suppone troppe (tempeste remote? urtantisi mon– tagne cli ghiaooio nelle regioni polari ? dislocamenti di massi enormi nel– l'interno -del globo ?) e che i contadini spiegano dicendo semplicemente: - Muglia la marina ii. Pronto lui ,semp,re a imparare dai contadini; meno pronti i contadini a imparare qualche bontà da lui: Perché mai i contadini odieranno di un così micidiale odio i rospi, così utili alla terra che essi stessi la– vorano ? « Il dettato dei contadini di q uassù è questo: i lazzi son brutti, disse il rospo quando vide appinza ,re.il palo .... E il martire rimane così vivo per giorni e giorni, divincola ntesi in cima all'i,strumento del sup– plizio . .Nei primi anni cli villeggiatura, venendo al mio poderetto trovavo qua e là, issati su punte di rpali, cadaveri rO'ssastri di rospi, le quattro 1,a,mpedivaricate, seccati dal sole di luglio: Una specie cli via Appia della guerra servile : - Cum Spartaao pugnavit .... ii. E sarebbe così facile, e infine (il Calamandrei non lo dice ma s' in– tende) sarebbe per chi ha vissuto tra gli uomini così giusto vincere anche quel primo ribrezzo delle serpi. Le biscia,relle innocue delle balze: «Non BibliotecaGino Bianco

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