Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
Il povero pedone 60!ì cerca la luce e l'aria, o porticati ampli, chiari, d'architettura intonata al carattere delle singole regioni. Occorre però che siano lunghi, conti– nuati, sfogati, che riuniscano centri d'importanza,, affinché divengano arterie pratiche e frequentate ove si allineino le principali botteghe, i ca:ffiè, i cinematografi, i luoghi d! ritrovo. Hanno così una ragione di essere e non sono più una disarmonia antitradizionale. In talune città della .Spagna si tr·ovano grandi piazze circondate da porticati e, nel mezzo, un giardino con fontane e statue ove soltanto si penetra a piedi. Gli edifizii prospicenti hanno le facciate esterne su altre .strade ove i veicoli si possono fermare; e in quei vastissimi chiostri ver-deggianti e freschi sorgono le rprin<lipali botteghè, i caffè più fre– quentati, i circoli di differenti classi, t;:i,luni •palazzi pubblici e teatri che hanno doippi ingressi. Così lungi dal rumore, dalla polvere, dagli impicci del traffico, la popolazione può godersi in tranquillità un po' d'ombra, di frescura e di riposo ed i bambini giuocare in sicurezza. Io non vedo perché non si possa creare qualcosa di simile anche in Italia là dove si disfà e -si rifà. A Roma o a Milano per esempio, ove si tende a stabilire altri centri di vita cittadina ilei nuovi quartieri, sa– rebbero da prendere in considerazione simili ,esempi giovando alla soluzione di un problema importante come è quello della sicurezza del pedone. Io ricordo come a Firenze quasi un mezzo secolo fa, quando si trat– tava di distruggere il vecchio centro storico per sostituirvene uno nuovo, comparve in una vetrina di via Tornabuoni un progetto che presentava qualcosa di simile: al posto della,'pittoresca piazza del mercato vecchio, una più vasta tutta circondata da costruzioni uniformi a porticati con giardini in mezzo. Si gridò allora da ogni parte : Torino ! Torino! Fi– renze non ha mai avuto portici! Ohe monotonia! Ohe tristezza! Era giusto : il progetto era monotono, freddo di carattere p•rettamente pie– montese. E sì, che anche a Firenze non mancavano esempi di porticati dei massimi architetti cui ispirarsi. Ciò nonostante strade e piazze a portici, fino al tempo di piazza Cavour, contro la quale del resto non so che si -sia mai gridato, a Firenze effettivamente non c'erano mai state. E che bisogno ce n'era difatti quando le strade erano strette strette e spesso tortuose con tetti sporgenti· che riparavano i passanti dal sole e dalla pioggia, e non v~ circolava troppo il vento ? Quando vi transitava ogni tanto una carrozza e non c'era quindi né polvere né fango, e vi si poteva gironzolare comodamente a braccetto chiacchie– rando con un amico ? La piazza centrale venne su non meno brutta, non meno antifioren– tina, ma per di più illogica e incomoda, dardeggiata. da un sole che spacca le pietre, appestata dai cavalli dei fiaccheri, invasa dai tavolini dei caffè in cerca di respiro, sezionata dalle stazioni delle automobili, traversa,ta in curva per ogni verso dai veicoli intorno a quell'impiccioso e brutto monumento centrale. In questa orribile piazza il pubblico si riversa a frotte dalle molte strade divenute anguste per il movimento moderno e si sparpaglia cercando il refrigerio di un po' di largo, di un • po' d'aria, di un po' di calma; ma, respinto e impedito da mille ostacoli, non trova altro rifugio se non sotto il porticato occidentale, ove tra gli 89. - F,gaso. BibliotecaGino Bianco
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