Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
La tabacchiera smarrita 591 e Faria fresca, rassicuravano del sereno. Il cavaliere Bettigalli sentiva un'emozione piena di linfe 'invaderlo. Nonostante il cre– scere degli anni egli rimaneva sensibile agli aspetti della· natura, il suo organismo vi reagiva vigoroso. Si sorprese a pensare quanto poco bastasse a renderlo· contento. Una vicenda mo"ndana che vol– gesse a suo favore, un po' dli sole dopo la pioggia. Rise di questa sua contente·zza, come si ride degli innocenti sfoghi dei fanciulli, e anche con un certo abbandono ironico. Era del resto la propria concezione· dell'anima che faceva le sue pro-ve e risultava esatta. Avvenimenti gravi o inezie potevano assumère la medesima impor– tanza, togliere o dare la pace. E egli studiava in ·se _stesso quei moti e per chiarirseli, per scoprire quanto valessero a suscitarli e dlirigerli e soffocarli, la vanità, l'orgoglio e le alt-re più grandi e pericolose passioni, per costringerli in definizioni, dimenticava i dolori e le gioie che li avevano originati. , Scantonò, fu nella via della casa Areati. Vide da lontano i due stranieri venire anch'essi a quella volta, regolò il suo passo, fece in modo di giungere insieme a loro al portone. - Buongiorno, buongiorno, - gli disse il giovanotto strin– gendogli la mano. - :Mi tardava .dli rivederla, oh sì, - e nel suo sorriso e in quello· del suo maturo compagno, Bettigalli scopri l'accenno di quantò era stato l'allegro soggetto dei loro discorsi. Rispose co11dialmente. Oadeva la sua sostenutezza per quegli ingenui che immaginavano di .essere riusciti a cogliere in fallo il cavaliere Bettigalli. Salirono conversando. Nel salotto, la padrona di casa accolse il vecchio amico con festa, e le lodi d!ei fiori condussero ciascuno a ammirarli nei grandi vasi ove li dispose l'abilità di Oecco. Poi ciascuno sedette. Allora la vecchia Areati, consultandosi a rapide occhiate col giovanotto stra– niere,· credette giunto il momento di re·stituire a Bettigalli la tabac– chiera. Questo istante l'aveva tenuta in ansia l'intera notte, ché si era ben presto pentita di avere accondisceso alla burla. Non aveva memoria che alcuno si fosse altra volta provato a farne al cavaliere, non sapeva perciò come questi l'avrebbe accolta, ma quanto cono– sceva del suo carattere le faceva temere un esito sgradevole. Pensò di incominciare con un discorso amplissimo, che pur cercando di togliere ogni importanza al fatto, desse la misura del comune pentimento. ·Già lo straniero si avviava al caminetto per prendere la scatola e recarla; lei disse : - Oi dovete scusare, cavaliere, se per un caso che più rasso"miglia alla dimenticanza .... - Voleva dire in con– clusione : fu incominciata la burla da noi, ma chi la continuò fu la debole memoria, ché volevamo restituirvi entro la sera stessa. la tabacchiera e viceversa la dimenticammo. Ma ciò che vide -sotto i ,suoi occhi la fece tacere. BibliotecaGino Bianco
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