Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
406 M.. Valgimigli pendii lisci, né il piede è offeso da spigoli o punte._ E se il. passo è arduo fra rocce, e bisogna essere cauti, e guardarsi da errori, allora soccorrono le mani, e la fatica è dimezzata e l'inerpicata più age– vole. La roccia è amica fedele : offre appigli sicuri, anche ::i, un chiodo estremo del tacco o della punta, anche al pollice e all'indice della mano, anche solo al palmo; ·aderisce scabra ai gomiti e ·alle ginocchia; ti sfiora il volto un po' avvampato con u~ soffio di _fre– schezza, talora,, anche, di non so che profumo; muovi un braccio o una gamba per avanzare, •e tre parti almeno di te, finché l'altra tenta e saggia la nuova presa, stanno salde. Fedele e incrollabile: e tutta la persona è in gioco; e del gioco ti bèi guardando in giù lo spazio conquistato. . Io non sono un alpinista, e tanto meno uno scalatore di rocce.; sono un camminatore, un viandante, un randagio. Ho nel mio sacco quello che basta. E non ho fretta. Se sono stanco, se bello è il luogo, e c'è acqua vicina; se l'ora è serena e caldo il sole, mi fermo: dietro un sasso ché mi ripari dal vento, mi· spoglio mi asciugo mi lavo mi · cambio; bevo un tè cald'o o un sorso di grappa; riguardo la mia pipa che non abbia intoppi e sia netta, la carico e l'accendo; e mi sdraio al sole. Stendere le gambe per terra; far la prova di questa gioia, sollevandone una un poco e lasciandola ricadere inerte; ab– bandonare lungo il corpo le braccia; non meditare,. non ricordare, non fantasticare; stare così: e non ascoltare esclamazioni ammi– rative, ché i monti, poverini, stanno lì dall'eterno, e non ne hanno _ bisogno. Del resto io calcolo ·esatto quasi sempre le mie tappe : perché camminare anzi giorno, con l'alba che s'intravede, mi piace, camminare di notte non mi piace ; e perché in certe ore amo trovare una tavola, e una minestra. che fumi e scotti, e vino e pane; e ripos9 anche d'alla luce e dall'aria e da orizzonti troppo vasti. Al– lora amo la stanza del rifugio, e il chiaccµiericcio ozioso con gli ospiti come me, e, meglio, con l'uomo e la donna del rifugio, che di solito conosco e mi sono amici e mi fanno festa : - io grido da lontano quando arrivo, e li chiamo per nome, ed essi vengono su la porta o su un rialto che domina la salita, e mi riconoscono, e fanno - festa ai miei ritorni annuali eé!.estivi. Ma il punto vero di arrivo non è mai per me il rifugio: né l'alberg~, né h paese, né la ciiiia, né il lago, né la bella vista: il mfo punto d'arrivo è la strada. · C'è un amico mio ch'è il contrario d'i me; e parrebbe non potessimo andare insieme senz~ compiacenze e pazienze reciproche: e invece è uno dei pochissimi con cui più volte e più spesso, d'estate e anche d'inverno, mi càpita dividere, e mi è caro dividere e acco– muna.re , i miei ozi di montanaro errabondo. È letterato e scritto:ve e storico e filologo ed erudito, virtù eccellenti, che tutti riconosco~o e ammirano. Io ne ammiro piuttosto altre: per esempio, che con BibliotecaGino Bianco
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