Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
• f La strada, la bisaccia e la pipa (e anche Giosuè Carducci) 40& per i mu~hi di ghiaia, i pilastri maggiori e minori, tondi e piatti, neri e bianchi, per segnare i chilometri e i metri; avverti dovunque-– la costanza di una.cura minuta, e la presenza di uomini e uomini,. che sono migliaia e tu ne incontri uno ogni .tanto, i quali la osser– vano, la tastano, quasi l'ascoltano, in ogni punto e in ogni angolo; ne rimiri dall'alto,·fin giù nella valle, il disegno superbo e stupendo, coi prati che la ammorbidiscono; coi boschi neri che la incidono, coi monti immensi coi picchi dentati che la sovrastano e ne impongono, e definiscono i giri, con le nuvole e il sole e il vent,<,che le gettano fasci di luce e c1J.mulid'ombra, in rapide fughe- e vicende, a tratti lunghi e brevi, qua e là, Io salgo, sosto, mi godo tutto questo. Anche mi piace la vecchia mulattiera,. con la sua dentatura d!i sassi lunghi e scuri e tremolanti : anc6ra buona dove taglia diritta unai svolta, anc6ra cortese dove pii) s'infittisce ·di erbe e si ricopre di ombre affondàndo nel bosco ; finché a poco a poco si cancella, si smarrisce, si perde, e tu non sai più se quella calchi o ne sei fuori, e allora guardi in su e cerchi, e la proda sporgente di un ripiano o un muretto o un pilastro ti avvertono che di lì a due passi è di nuovo la strada. Mà desiderio. massimo è l'altezza. Perciò domani dal Falzàrego non sc()nderò a., Cortina ; non voglio anc6ra, come dicono, perdere quota; bensì acquistarne, piegando a destra verso le Cinque Torri e il Nuvolao; e· dalla Croda dli Lago, per il passo Giàu o per la forcella Ambrizzola, ritornare alla Staulanza, gi~ rare gli speroni qel Pelmo, di là ridiscendere a valle .. Desiderio massimo e gioia suprema il viottolo delle altitudini. Segue da valico a valico dove non sono più erbe né alberi, ma .sassi e rupi, e occhi di laghi, e nevàj lunghi tra costa e costa con rumore di àcque invisibili; precipita in valloni profond!i .e da valloni ri– sale; porta sul margine' di pareti a strapiombo e di formidabili abissi, e tu ti chini a terra, ti· stendi, rabbrividendo,· a guardare e ascoltare, e un volo dli falco è sotto di te ; o in mezzo a sconvolgi– menti di montagne scapezzate è diroccate, di rupi scheggiate, crol– late, diroccate, nel corso di frane secolari che solo calando al piano, come fiumi, si pareggiano e si placano ; scopre viste sempre nuove e diverse, spettacoli, in cerchio, fino agli ultimi orizzonti, di cime su– blimi il cui nome, saputo 'O indovinato, quasi ti inorgoglisce o ti spaura : e hai un senso di aerea leggerezza, dli ampio dilatato respiro, e come di distacco da te e insieme di aderenza al vuoto che ti cir– conda e ti prende. Neppure viottolo sarebbe s'io non ne scorgessi da lontano, nella continuità, la sottile traccia, se non. ne vedessi da vi– cino, sui,sassi, le pennellate indicatrici: non queste ogni anno, ma ogni anno quella, disciolte le nevi, ha d~ essere di nuovo tracciata e accomodata. Questo è il viottolo veramente mio, fatto e "legnato per me, e di pochi altri come me viandanti solitari. La mia scarpa ferrata ·e pesante mi dà facile equilibrio nei ghiaioni mobili e nei · Biblioteca Gino Bianco
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