Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

LETTERA A LUIGI BARZINI, SUL GIORNALE ALL'AMERICANA. L'altro giorno, caro Barzini, tornavo da Malta in volo. Da Messina in su, il chilo dopo giorni e giorni di tempeste e di .sinistri era così sereno e benigno che l'anima nella ninnananna dl:llmotore gli si abban– donava assopita e sicura. Le cime d~i monti erano bianche di neve. Sul mare liscio davanti alla punta di Palinuro s'era posata, una barca bianca, ad ali ritte. Salerno color di rosa davanti allo ,specchio del suo gran golfo, Amalfi, Sorrento, Capri, Castellamare, il Vesuvio cçil pen– na,cchio: tutta l'Italia per secoli e secoli più ammirata, desiderata, sognata da chi, dovunque nel mondo, anela a un giorno di pace e di felieità, lenta mi passava negli occhi, illuminata e scaldata dall'opposto sole. E finalmente Napoli. Quel della radio ,iene ad annunciarci che scenderemo pochi minuti al molo Beverello, tanto per prendere a bordo tre pas,seggeri. - Si può avere un giornale? Il Mattvno? - Uno dei passeggeri che salta giù nella cabina, me l'offre. Apro il Mattino e fuor di queste ,sette lettere non riconosco niente. Le colonne sonO in tocchi: titoli, titoli e titoli anche su due o tre righe, perché chi ha fretta, anche a ieggere solo quelli possa illudersi d'aver còlto in un baleno l'essenza d'ogni notizia; ogni telegramma più lungo dì cinquanta righe, tagliuzzato da sottotitoli, preceduto da un compendio in grassetto, peI comodo d(')i distratti; e la terza pagina dove le tue Iettere, da quando s'è cominciato insieme a scrivere nel Corriere, hanno per anni e anni condotto l'avido lettore appena apriva il giornale, uguale o quasi uguale nel mosako alle altre pagine. In un angolo i « di.schi » di Bontempelli, girabili in tempo di giazze: « Alla frusrta vorrei condannare tutti i narratori nostalgici, tutti gli architetti anteriori al raziona– lismo eoc.» Dice proprio: alla frusta. M'immagino nella sala delle co– lonne alla Farnesina Bontempelli in uniforme blu Savoja dirigere la fustigazione di Brasini e di Piacentini, grassooci tutti e due, contando imperturbabile j_ colpi. Per fortuna, ripeto, c'eravamo fermati cinque minuti soli e adesso si volava davanti a Gaeta, a Terracina, alle paludi routine, Meste per tanta luce ore d'estate ... Aleardi, ottocento. Penso all'ucase di Massimo mastigoforo e ringoio sospiri e saliva. Alla stazione di Roma compro tutti i Mattino che trovo. E proprio vero: in pochi giorni, tu hai portato sana sana Nuova BibliotecaGino Bianco

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