Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

.) Luoia 349 brone descrive una curva addentrandosi in bosco intorno al poggio. :È solo, con la sua crudeltà di ragazzo precoce dietro ai nidi e alle serpi, nella campagna vasta, aperta: un mondo tut~o suo, d'a farselo come vuol lui. Aveva sentito rid'ere fra gli alberi, e si era avvicinato, cauto, alle acque. Due ragazzette si bagnavano nel -fiume, non c'era nessuno. Aveva preso i loro panni sul greto e li aveva nascosti die– tro a un ciuffo di vètrici, standone a guardia. Quando si eran le– vate dalle acque, l'avevano picchiato a sangue e lui non si era mosso, si era lasciato fare, da, quelle ragazze infuriate con le ca– micie fradice appiccicate sul corpo, che lo tiravano per i capelli, gli graffiavano il viso .... L'estate ardente, la campagna gonfia di succhi rappresi, l'aria rovente come sangue caldo. A imbrancarsi coi ragazzacci del paese pei loro malestri crudeli, che gusto : i lunghi crudeli martirii delle bestie, lucertole, granocchie, uccel_lin1di nido, o dei ragazzi più piccoli; pallide crudeltà che rinascevano lungo la vita, di -far soffrire, magari soltanto se stesso, per sentirsi soffrire. Al– l'imbrunire, lungo le siepi, le sorprese alle coppie che fanno al– l'amore, la fuga nel buio, l'inseguimento, le irrisioni, le parole -sudice, i fischi, il vocìo lungo, giù pei pendii. L'acerbo stridore dei -sensi adolescenti; e quel tuffo dentro, quella volontà diaccia, ine- sorabile, di sottometter qualcuno alle sue voglie .... Non si era mai nemmen provato a resistere. Come' si poteva resistere, e perché, se la vita pareva non avesse .altro scopo se non-di preparare quei mo– menti nei quali venir sommersa, affogata e insieme centuplicata e iina,lmente resa sensibile, palpabile; corpo, sangue, vita? - :È un destino : quando ho voluto bene a qualcuno, chissà, ,è come a avere il bisogno di rompere qualche cosa fra le mani. - Perché le diceva quelle cose, come a parlare da sé? Che ne poteva -sapere, quella creatura semplice, misera, .nel buio, come una be- -stia ferita? - -Sennò, non c'è gusto. Ecco; sennò non c'era gusto. Bisognava che lo prendesse quella volontà rigida e lucida come nna lama, che gli toglieva il respiro e gli annebbiava lo sguardo, e poi lo faceva respirare più rapida– mente, più forte, e vedere più chiaro, più distinto. E il sangue di torbo e pulsante si disperdeva in una, corrente tepida e lenta, e le cose eran più grandi, più intense, più belle. E dopo, il rimorso. Ah, quei compiacenti rimorsi, quella virtù comoda, dopo; quelle riso– luzioni che sapevano così bene cedere, dopo, a suo tempo: la te– nerezza della digestione. Ma almeno lui si conosceva. E loro, le vittime, le cosiddette vittime? Non eran complici, piuttosto? Non aYeV'ansubìto a.nche loro la fatalità di quegli abbandoni nei quali la vita è finalmente liberazione, quando sembra che un attimo basti per sempre? Si sarebbero potuti rattenere, sull'orlo, se aves– sero veramente volnto. e fiaccare quella volontà che li tirava giù, BibliotecaGino Bianco

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