Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
VENEZIA INVE;RNALE. D'improvviso il tempo s'è mutato. Il cielo è anc6ra chiuso e im– mobile, com'è stato per tutti questi giorni tetri; vento non s'è levato, che .si senta; ma il selciato è asciutto e netto, e l'aria spazzata d'ogni umore, leggera e pungente: aria di fine d'autunno, che porta odore di freddo. Forse in montagna c'è già la neve. ~ Attraversando il Campo dei Carmini, mi trovo in mezzo a un lento mulinello di pezzetti di carta e di fogline secche: strisciano sul suolo con un raschio sommèsso e per un poco m'inseguono ; poi si riadagiano giù. Appena un fiato di vento, raso terra. Ma su, sopra i tetti e le nuvole, altro vento deve passare, duro e silenzioso come la morte. Ora vàdo lungo una lama d'acquà ferma, lustra, che raccoglie nel _suo grigiore oleoso l'ultimo barlume del crepuscolo. E a un tratto sono assalito da uno strano sgoment'o: che cos'è questo camminare sul ciglio di specchi che ripetono di continuo le nostre figure capovolte, i nostri gesti staccati dalle parole, le nostre case col tetto sprofondato in giù, tutte le tinte del nostro cielo .senza il calore della vita? ... Mi par d'essere entrato, ora per la prima volta, in un gioco maniaco, nel labirinto d'un sogno angoscioso, in cui m'aggirerò per sempre, se1~za speranza di liberazione. - _ La sera s'è lasciata ca,dere pesantemente; si sono accesi i lam– pioni. Quello là in fondo piove una chiazza di luce cruda su un lembo di muro scrostato, rossastro, scivola per la gelida spalletta di marmo d'un ponte, e va a finire dentro il rio, calando al· fondo e risalendo a galla in sonnolento altalenìo. Sopra, non v'è più nulla: i cornicioni' delle case si confondono col cielo: tutto nero. - Il silenzio preme su la città come una materia spessa, impene– trabile; l'acqua morta ci arresta dovunque ci volgiamo. Abbando– nati_ da .ogni stella benigna, passivi, aspettiamo l'orl:l, dell'ultimo naufragio. Il meglio che si possa fare è cercar riparo nel .solito caffè, dove ogni saletta è una scatola lucente, imbottita di velluto, e piena di chiacchiere e di beghe nostrane. Ora che i foresti ci han t~lto !~incomodo, e ci ritroviamo tra noi (come in un finale goldoniano, quando il O~valiere Riccardo se BibliotecaGino Bianco
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