Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
20 G. Pasquali postumo e incompiuto, privo deH'ultimo capitolo, verso il quale, secondo dichiarazioni deì suo autore, che sperò fino all'ultimo di scriverlo, tutta l'opera convergeva, è stata per me, lo confesso, una grande sorpresa: esso è il più uno e il più sistematico dei suoi . volumi, e qui, solo qui, oltre che in qualche àrticolo, in quello già detto sui demotici dei meteci attici e, aggiungerei, nella memoria famosissima, fondamentale per la storia della prosa e della lingua letteraria greca nell'età_imperiale, su Asianismo e Atticismo (1900), egli raggiunge la monumentalità mommseniana. Del .filologo, non dello storic9 ·è la gioconqa virtuòsità con la quale egli componeva in greco prosa e versi, traduceva in greco poesie tedesche, medioevali e classiche. Qualcuno dirà: ancor più che del filologo, dell'umanista. Ma il Wilamowitz si compiaceva di rifare ogni volta lo stile di un certo periodo e di un certo genere letterario,· quello che a lui pareva_corrispondere meglio al contenuto e agli spiriti del componimento moderno. Umanista egli fu nella prosa latina d~l primo gran libro, i giovanili Analecta Euripi– dea (1875), dedicati a Teodoro Mommsen quasi per festeggiare l'amicizia da poco stretta in Italia, e degli scritti universitari, i «programmi)) : qui scrive uno stile personale 1 dissimile dalla scimmiottatura ciceroniana contaminata dagli indispensabili ter– mini filologici moderni, cara ai filologi di medio calibro, uno stile latino composito nel lessico, non caudato, anzi libero nelle mo- . venze, pur nella sua varietà uno in sé e analogo· allo stile tedesco del suo autore. E impronta personale aveva anche il latino che parlava fra_nco nelle discussioni del suo seminario. Ma, come fin da giovane, fin dai tempi quand'era privato docente a Berlino, per una festa di studenti compose in onore del grecista ed epigrafista Kirchho:ff un psefisma) un decreto attico, in onore del iMommsen un'epigrafe in latino arcaico e in saturni, così anche più tardi seguitò a mandç1,reagli amici lettere e cartoline in prosa attica o, più spesso, ellenistica su argomenti scientifici e personali. Tradusse brani dei Nibelunghi in esametri omerici, di drammi weima;riani nel trimètro della tragedia, e ogni volta adeguò lingua e stile al metro. Anche, una volta si provò a rendere un'unica poesietta, un'odicina del Goethe, in versi e forme letterarie propri di due cul– ture e di due cerchie lontane tra loro, l'una volta in un'odicina lesbica, la seconda in ·un epigramma ellenistico. Ora q1;1.esto im~ personarsi a volta a volta in uno stile diverso è, in una forma insieme più giocosa e più virtuosa, prosecuzione della sua attività d'integrazione, che è specificamente filologica. Io non conosco grandi integratori che non siano a un tempo pòeti o almeno versificatori nelle lingue antiche: scrivendo queste parole, io penso anche a Girolamo Vitelli. · · Il Wilamowitz, per la natura del suo intelletto, essenzialmente, Biblioteca_GinoBianco
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