Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
Ulrico di Wilamowitz-Moellendorff 19 -------------- sus. Ma, com'è stato osservato di recente nel più fine dei necrològi tedeschi si11ora apparsi, anche i libri su Omero seguono il testo, si può dire a passo a passo, lo spiegano, lo valutano, .costituiscono un'interpretatio perpetua. E il libretto che accompagnò nel '914 la prima edizione veramente critica di Eschilo, porta come sottotitolo : lnterpretationen; d'interpretazioni è formato e porta lo stesso sot– totitolo il secondo volume dei due della Poesia ellenistica al tempo di Callimaco (1924). Interprete e traduttore non è tutt'uno, checché ne pensino mol– tissimi. Chi v9lge in versi un autore antico, ogniqualvolta s'imbatte in un luogo difficile, è inevitabilmente costretto a girar la difficoltà, il che è tutto il contrario dell'esegesi. Questo non è ancora il peggio : il filologo sente nella parola antica una pienezza di signifi– cato, upa molteplicità di sfumature che- non può rinserrare in un'espressione mod_erna di estensione a un dipresso pari, che può solo sforzarsi di determinare, specificare, ·descrivere, spesso con lungo giro di parole. La lingua greca sino almeno al quarto secolo è incommensurabile con qualunque moderna: di qui, sia detto fra parentesi, il suo eminente valore educativo. Forma unica adeguata all'esegesi ·è il commento, non ~a versione poetica. Il Wilamowitz ha sorriso del grande Reiske, che per rendere una pagina di Demo– stene ne· scriveva cinque. Ma, egli stesso che pure ha tradotto poe– ticamente moltissimo, particolarmente dai tragici, che così spesso ha corredato ,di versioni poetiche i suoi testi commentati, che dei • metodi del tradurre ha, contro la sua consuetudine, dissertato di proposito, non ha neppur lui potuto risolvere il problema della tra– duzione stilisticamente adeguata e che insieme esaurisca il signifi– cato della parola originale. Per lui il tradurre dal greco era, e lo dice, rinunzia consapevole. Ho sentito dire che attori tedeschi, contenti di ,rappresentare Eschilo, non vogliono saperne di queste traduzioni. Esse, mi dicevano persone che per la melodia del verso tedesco hanno orecchio più fine di me italiano, spesso non suonano abbastanza. Non questo certo egli ha voluto. Ma le tragedie greche tradotte, quali sono state raccolte dal Weidmann in quattro volu– metti, sono precedute ciascuna da un saggio che introduce nei pro– blemi compositorii e stilistici, ma ancor più etici e religiosi, che ogni dramma pone a chi lo sappia interrogare. Nelle introduzioni all'Orestea io vivo da anni, e più le medito e più mi paiono pro– fonde. Il Wilamowitz si rivela filologo non solo in questo, che a stòria dello spirito, specie storia della religiosità e dei concetti etici, egli ha dato insomma ancor più importanza che a storia delle forme statali, ma anche in questo, che fino alla vecchiaia ne ha sempre trattato occasionalmente, partendo da un'opera d'arte determinata, , mirando in primo luogo all'interpretazione. La Fede degli Elleni, di cui è appa,rso di recente il primo volume, di cui il secondo uscirà 'bliotecaGino Bianco
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