Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
16 G. Pasquali rare memorie nelle quali egli attinse 1 una monumentalità" quasi mommseniana, .quella sui demotici dei meteci attici (1887). E il Mommsen lo voleva -suo collega di storia greca all'università di Berlino. Ohe rifiutasse, è indizio di qualche peso, perché egli ha sempre mostrato di conoscer se stesso, di sapere almeno reggere il corso della propria vita (nella terminologia, attinta all'antichità ma risentita persontilmente, della sua religione, che non era né astratta né confessionale, egli avrebbe forse detto di non aver mai rilnttato al suo dciimon, che lo guidò per mano durante tutta la sua vita verso, appunto, l'eiidaimonia). E una considerazione spas– sionata della sua opera darà infatti ragione al suo rifiuto. Io so bene che negli studi di antichità classica filologo e storico si distinguono appena per una sfumatura e che non si può essere filologo grande senza essere storico, e viceversa. Più storico è colui a cui importa maggiormente la vita statale; più filologo quello nel quale prevale l'interesse per l'interpretazione. E anche lasciando stare che il ,Mommsen, se fosse stato polarizzato verso la grecità, .avrebbe potuto scrivere uno Stato dei Greci, ma mai, come il Wilamowitz, uno Stato e Società, proprio questo sprofondarsi nella personalità altrui, che è fondamento deWinterpretazione, è, in tanta varietà di attitudini diversissime, la nota fondamentale dell'atti– vità del Wilamowitz : egli può risentire Esiodo e Pindaro ed Eschilo come Euripide e Callimaco, come Plutarco e Aristide, come Pròclo e Sinesio, come Clemente d'Alessandria èd Epifanio. Né sarà caso che delle grandi opere del Mommsen nessuna prenda nome da un personaggio dell'antichità, mentre i libri maggiori del Wilamowitz s'intitolano ad Aristotele, a Saffo e Simonide, a Platone, a Pin– daro, mentre già due volumi giovanili si chiamano col nome di due uomini di. secondo o di quart' ordine, così oscuri, che io non saprei avermi a male, se i miei lettori non filologi non li cono– scesser o : Antigono d i Oaristo (1881) e Isillo di EJpidauro (1886). E nella prefazione.al libro più antico è formulato chiaramente un. progra mma di analìs i, che nella storia degli antichi :filosofi, quale c'è tramandata quasi tutta in compilazioni tarde, mira a mettere in luce la personalità degli autori primi : « Io ho tratto fuori dalle fonti primarie per la storia dei filosofi un nome, e, sforzandomi di farmi un'immagine quanto più è possibile chiara di chi lo portava, ho cercato di cavar dalle bucce tutto quello che quanto al contenuto gli appartiene, senza curarmi almeno a tutta prima di stabilire _per qual via tutto ciò sia andato a finire tra le macerie compilato– rie >>. E infatti dalle spoglie di un Antigono scrittore d'arte, di un Antigono raccoglitore di meraviglie naturali, di un Antigono bio– grafo egli ci fa balzare incontro un unico Antigono vivo e palpi– tante, ben radicato in una cerchia culturale determinata. All'analisi specie dei carmi omerici fu rivolta buona parte della BibliotecaGino Bianco I I
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