Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

14 G. Pasquali poi, se lo credeva necessario, riscontrava les_sicie indici particolari. Per lo più preferiva lasciare questo sécondo lavoro, di verifica, al pubblico dei filologi; ma lessici e indici gli davano quasi sempre ragione. Per emendare un testo corrotto· sono state date spesso ri– cette, le quali tutt1;1,viavalgono poco; a insegnare a integrare nes– suno ha anc6ra provato : l'integrazione, sì, è un atto unitario crea– tivo originale. Essa suppone un'adeguazione perfetta del critico al suo testo, un'identificazione dello spirito del filologo con lo spirito del suo autore. Ohi non è ciarlatano, darà volentieri per un passo bene supplito cento pagine. di critica estetica, generica e noiosa, che gira intorno all'3lrgomento senza penetrarlo. Questa miracolosa prontezza nell'adeguarsi a qualunque cono– scenza nuova pose il Wilamowitz in grado non solo d'integrare i nuovi classici che l'Egitto da un quarantennio in qua ci rende, si può dire ogni anno, ma anche di valutarli per quel che veramente sono. Quando fu scoperto lo « Stato degli Ateniesi>> di Aristotele, molti che, quando non era anc6ra noto ·se non da frammenti mi– nimi, se lo erano figurato diverso, rimasero disorientati, e, poi– ché gli uomini, anche quando si chiamano scienziati, non sanno rinunziare a fanta,sie a lungo· carezzate anche di fronte alla luce della verità. nuova' che si sente anche a palpebre- calate, corsero ai ripari, favoleggiando di opera non genuina. Altri negò al testo ogni valore storico. Il Wilamowitz, che sùbito nel '91 ne aveva dato insieme con il suo migliore amico, il Kaibel, un'edizione, presto nel '93, in uno Qei snoi libri migliori, l' Aristoteles und Athen, lo spiegò storicamente e, spiegandolo, lo giustificò; lo confrontò con la tradizione parallela, dovunque c'era, e alla luce del confronto ne determinò il valore storico senza troppo esagerarlo. Egli presentò qualche anno dopo il nuovo Bacchilide al pubblico tedesco, e anéhe qui rem acii tetigit nell'assegnargli il posto che gli spetta nell'evolu– zione della lirica greca. Ma un compito di tal genere pare superare la potenza dello spirito umano, quando torna alla luce poesia dif7 ficile, che non ha nella grecità nota altre analogie che remote. Tali sono l' E cale e la Oidippe di Callimaco, il poeta più erudito, più alieno da modi di sentire· triti e da formule ereditate, più libero di fronte a quella tradizione poetica che pure, dotto sovrano, pa– droneggiava, ma che sapéva, quando gli conveniva, volgere in bur– letta. Tali sono soprattutto gli strani Persiani di Timoteo, per noi, si può dire, l'unico esempio dell'arte barocca dei ditirambografi e dei nomografi preellenistici, non nota sino allora se non da pa– rodie. Metrica senza responsione strofica ; lingua che sempre aborre dal comune, vuol talvolta esser sublime, talvolta discende delibe– ratamente al parodico e al grotte..<ico .sino a rifare il balbettìo di barbari che, in pericolo di morte, si studiano di parlar greco, spro– positando, e spesso è consapevolmente enigmatica : tutto cospirava BibliotecaGino Bianco

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