Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

12 G. Pasquali Nèll' opera del Wilamowitz l'unità, indisconoscibile, cons_iste nella tendenza, della quale dirò tra poco, e nello stile, non nel– l'oggetto. Sarebbe forse già un leggero arbitrio asserire che la sua attività era rivolta tutta al. mondo greco: il non moltissimo ch'egli ha scritto su poesia romana,, mostra che di questo campo si sen– tiva altrettanto padrone quanto dell' altro, e non è a dire che nella 'letteratura latina, cercasse solo gl'influssi greci, che disco– noscesse quel che in essa è di autoctono, italico, o anche di più complessamente umano, personale, moderno. Su una delle perso– nalità romane più difficili a intendersi, Orazio, hai scritto pagine nuove e forse definitive; ha inteso Catullo, pur così poco greco anche quando è scolaro dei greci, pur figlio di una società nuovar che non aveva avuto la simile 'nell'ellenismo. Nel 1925 ·qui a Fi– renze egli ha parlato in tedesco di storia italica; in latino, improv– visando, dell'originalità stilistica dei grandi comici romani, di ciò che in loro è di genuina freschezza indigena o di arte primitiva e che brilla di tra i fili un·po' consunti delle trame troppo usate, delle trame che già per Menandro erano convenzionali ; al suono pieno dei versi di Plauto, al giuoco insistente e ai nostri orecchi un po' fanciullesco delle allitterazioni, egli si abbandonava quel giorno con voluttà che appariva irriflessa. Teoricamente egli ha sostenuto che, se l'ùnità della filologia classica è inscindibile, in ogni uni– versità è necessario un latinista per il latino arcaico (e, aggiun– geremo noi, per l'italico) e per il latino tardo e popolare, il prero..: manzo, per Varrone e per Petronio, per la metrica di Plauto, pe1~ la lingua di Tertulliano, di Oommcidiano, di Apuleio; ma per conto propri~ egli si è ben guardato dal rispettare questi confini, e pro– prio di recente si era occupato di un difficile documento di latino arcaico. Del pari non fa l'impressione del dilettantesco quel che ha scritto sulla Pandora di Goethe e sulla lirica dello svedese Rydberg ; ma egli ha letto D'Annunzio e Pascoli (non solo il Pascoli roman– tico ma latino dei Carmina e il Pascoli italiano dei Poemi .con– viviali, che solo agli ignoranti parrà classidsticÒ, ma anche il Pascoli più confessatamente romantico dei Canti di Castelve'oohio) 7 Maupassant e Zola, Rabelais e Villon. E in lui è assurdo voler distinguere attività professionale ,e libero scherzo, negotium e otium: di Ibsen egli nori. ha scritto, ma da un passo di quei Rio_ordi .che io ho recensito nel primo volume di questo Pègaso) appare chiaro ch'egli ha preso sul serio il pensatore e i suoi problemi non meno di quel che abbia fatto, per esempio, di Platone. Perché egli fu spirito problematico, ma problematico di tutti i problemi. Ohi vuole, potrà dire che questa molteplicità della produzione e degl'interessi derivava in lui da versatilità d'Ingegno. Com'egli stesso ricorda, un suo maestro di ginnasio presagì in lui un geome– tra e lo confortò a studiare matematica-. Ma la sua conformazione Bioli'otecaGino Bianco

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