Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

Les romanciers italiens 121 rischio di riuscire noiosi, un quadro più completo del romanzo italiano moderno. Un libro di tal genere avrebbe avuto senza dubbio i suoi in– convenienti, posto che negli ultimi cinquant'anni la nostra letteratura non si è rinsanguata attraverso il romanzo ; ma sarebbe riuscito un libro utile. Non sono certo i limiti accettati e le classificazioni empiriche nhe possan nuocere a lavori di questo tipo; tanto più che molto spesso tali distinzioni empiriche o di comodo vengono a coincidere con l'istinto pre– ciso degli artisti stessi. E confes.siamo pure che si respira liberamente ogni volta che ci si imbatte in un racconto che sia, - d'istinto, -– anche un racconto; in un romanzo che sia, anche un romanzo; in una li– rica che sia anche una lirica e non soltanto l'accurata descrizione di un paio di pantofole. Comunque, mettiamo da parte divagazioni e rimpianti. Pur nel suo ibridismo, che fa sentire gravi le lacune, la presente antologia, bisogna riconoscerlo, ha meriti insigni. Essa mi ricorda, quell'altra, della lirica italiana, curata anni fa da Jean Chuzevme: incompleta, incerta, ma frutto d'amore; opera di artista, anche negli errori, non di mestierante. E poi, riconosciamolo: meglio le esclusioni che non il caotico embrassons nous di certe panoramiche antologie di recente memoria. Eugène Marsan e Benjamin Crémieux che hanno curato quella scelta di prosatori nostri, non appartengono al numero degli «italianizzanti» a buon mercato, dei quali siamo abituati, con forse eccessiva suscetti– bilità,· a deprecare Le malefatte. Sll ci perseguitano anche qui, ma una volta soltanto, Grazzia Deledda o Prezzoloni o Giovanni Vailatti, pos– siamo essere certi che le bozze del libro non sono state licenziate da que– sti due squisiti conoscitori della nostra lingua. Che il Marsan sia uno spirito elegante e che egli comprenda molte cose del nostm paese non ci era ignoto; ma la prefazione ch'egli ha ·scritto a,1libro d'oggi sarà una sorpresa per molti. « Chère Italie, notre vraie soeur .... ». La sua Italia è quella di Stendhal, di Larbaud, e, in genere, dei romantici di spirito secco; un'Italia umanistica, saggia, :1,ri– stocratica e insieme popolare, estremamente intelligente. Non molto diversa dalla sua è l'Italia che vede Crémieux, l'uomo che ha tanto la– vorato per la nostra letteratura e al quale non ci siamo ancora decisi (ma ci decideremo un giorno) ad essere riconoscenti. Troppo gli hanno rimproverato di aver visto con occhi di francese i fatti di casa nostra; come se un critico potesse deporre in anticamera, col soprabito, la pro– pria formazione, i propri modi di essere, di comprendere e di reagire. A lui è accaduto il contrario di quel ch'è toccato al Cassou quando, li– cenziato il suo « Panorama>> della moderna letteratura spagnola, - tanto inferiore del resto al panorama del Crémieux, - si senti accusare di essere stato troppo spagnolo. Ma il distacco, l'indipendenza e l'equi– librio del Crémieux hanno lasciato nella prima parte di quel suo libro tracce delle quali un giorno terremo conto anche noi. Dodici sono i cc grands italiens », - come dice benignamente il Mar– san, - raccolti nel volume d'oggi. In ordine cronologico, Verga, Po– gazzaro, Svevo, D'Annunzio, Pirandello, Panzini, la Deledda, Bontem– pelli, Soffici, Papini, Borgese e ~oretti. L'onore e il peso di iniziare con un doppietto la serie dei profili è toc- roteca Gino Bianco I

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