Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

M. MORETTI, La 1J.ocedi Dio 113 dono né s'improvvisano; e le. doti della Voce di Dio, anche se in di– versa luce e in diverso fuoco, prima e dopo, le troveremo in molti altri libri di Moretti. · E.d è vero anche che al centro di questo stesso romanzo, si affaccia quello che poi sarà il difetto sempre più grave di Moretti. Dopo la gioia di vivere e dopo l'amore, quella improvvisa rassegnazione di Cristina ci stupisce un po' ; è troppo pronta, troppo facile. Avevamo vista la donna presa tutta nell'avventura; ora a un tratto si affloscia come vela ~nza vento .... E troppe, subito dopo, sono le pagine dell2umiliazione, dell'avvilimento della penitenza di Cristina. C'è li un momento che il romanzo sembra rest_a-r fermo: e subito si avvertono quelle cadenze, quei ritorni, quelle monotonie che non sono del migliore Moretti. « Ec– cola la padroncina coi ginocchi sullo scalino di pietra, a capo chino, curva come una penitente, umile come una serva, devota come una suora, vestita di nero come una vedova,- addolorata come una madre .... ». È il germe del Morett~ peggiore, il Moretti « rinunciatario » ; quando invece di descrivere e di trattare lui, i suoi umili, vuole cedere a loro anche ciò che uno scrittore non deve cedere mai, la sua penna; e allora nasce (ora Marino mi scusi) il languidore e la lagna .... Anche per questo ha fatto bene Moretti a tornare a questo suo bel romanzo di dieci anni fa, a lavorarci su ancora, a riproporlo cioè non solo ai suoi lettori nuovi, ma anche a se stesso. Non è male che gli scrit– tori tratto tratto ficchino gli occhi nell'opera loro già fatta; se il senso critico li assiste, possono anche trarne una spinta nuova, dal senso più originario e genuino di sé. · PIETRO PANCRAZI. EuRIALODE M1cHELIS, Bugie. Novelle. - Jacchia, Vicenza, 1932. L. 10. Queste novelle potranno far pensare- che Eurialo De Michelis abbia utilizzato i' ritagli rimastigli dopo finito A.dama, il romanzo che gli ha dato la fama. La nonna, Ragazzo, Lacrime han l'aria di episodi resecati · da quell'unica favola. Nella Nonna, troviamo il ritratto d'una ·madre che il romanzo ci aveva mostrata già, come qui, sotto la frusta dei mille doveri materiali, « la frusta che costringe ad andare, ma insieme guida per fa via sicura e aiuta a restare in piedi quando si è stanchi». Ed è della medesima tempra di Adamo (chiamiamo pure cosi, per brevità e chiarezza, il protagonista parlante in prima persona nel romanzo) l'eroe che si ribella, in Ragazzo, al padre, e, chiuso chiuso nella propria individualità, lo costringe a quest'ordine di riconoscimenti: « Eccolo li, suo figlio, quest'altro se stesso, che rifaceva inconscio la strada che in– conscio egli aveva fatta .... ». Lacrime mette di fronte un fratello e una so– rella, giovani anc6ra e tuttavia, malgrado la consanguineità e il reci– proco affetto, già rannicchiati, con dolorosa coscienza, nel rispettivo cerchio egocentrico: torna in mente una g~neralizzazione formulata da Adamo subito dopo i vent'anni: « ognuno vivendo di una sua propria intimità che io vedo ma irresistibilmente mi esclude». Però se questi ritagli lì esamini più da vicino, t'accorgi che son d'una p~zza diversa da quella del romanzo. E ti viene in pensiero che per due terzi almeno di questo Yolume (escluderei Cenerentola, L'apo- •· - f'tgasr,. JotecaGino Bianco

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