Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
M. MoRETTI, Lei voce di Dio 111 MARINO MORETTI, La voce di Dio. Romanzo. (Nuova edizione riveduta, con. prefazione ùi G. A. BORGESE). - Treves, Milano, 1931. L. 12. Dieci anni felicemente passati, per un romanzo non sono anc6ra la posterità, no di certo, ma qualcosa sono. Due lustri restano pochi per consegnare un libro alla storia di una letteratura; ma sono quel che . basta· per dirlo libero dai favori e dagli inganni della moda; e se il libro anc6ra si regge vuol dire che le ossa ce l'aveva .... · È il caso questo della Voce di Dio, romanzo che Marino Moretti stampò la prima volta in volume n,el 1920 (era uscito nei due anni pre– cedenti a puntate sopra una rivista), e si ristampa ora riveduto dall'au– tore (riveduto davvero, e utilmen.te ), con una bella squillante prefazione di G. A. Borgese. Credo anzi che il romanzo di Moretti, per chi vorrà leggerlo o ri– leggerlo, piacerà oggi più di quando uscì. In. questi dieci anni l'atten– z;ione ai romanzi è cresciuta; dieci anni fa no, ma oggi anche in Italia il romanzo è il « genere letterario» che tiene il campo. E c'è anche un'altra più specifica e più personale ragione : dalla Voce di Dio ad oggi, Marino Moretti ha scritto molto (tra- romanzi, ricordi e novelle, qualche cosa come un libro e mezzo l'anno), e ha scritto anche alcuni libri belli; ma, come avviene a chi molto scrive, neppure lui fu sempre pa-ri a se stesso. Qualche suo lettore nuovo, specie negli anni ultimi, può anche essere capitato male .... Quel •lettore prenda ora La voce di Dio che certo è tra i migliori romanzi di Moretti, se pure non è il primo; e vedrà pieglio in faccia il nostro autore. Per chi poi abbia l'abitudine di l!clggerecon la memoria desta e col lapis in ·mano (com'è il dover nostro) il piacere sarà doppio: nella Voce di Dio, si ritrovano in fuoco giusto, e anzi con un'efficienza e una riuscita rare, quasi tutti gli elementi che, prima e dopo di allora, servirono allo scri.ttore. E intanto il color locale, la sua Romagna. Non basta dire che anche questa volta siamo a Cesenatico, tra quella, gente, su quel mare, sulla riva di quel canale; e che s'incontrano per queste pagine l'arola, la teda, la piada, la burrasca marina il giorno dei morti, le lunghe veglie dell'inverno, il baghino squartato pendulo nella cucina alla prima neve, e quelle burle famose che per un giorno « cambiano i connotati» al paese; poi, a primavera, le merende in pineta, i canti notturni, che bela nota da rubè dal dom (che bella notte per rubar donne); e tutto l'anno nelle osterie quei gagliardi bevitori fissi, tra la strage delle bottiglie, il san– giovese rosso, l'albana d'oro, la cagnina nera, vini famosi calati su fa– mosi barrocci, da Bertinoro ùa Cesena da San Marino da Predappio. Questa turgida e sonante vita romagnola che in altri romanzi di Moretti resta sullo sfondo o nei ·contorni del quadro .(e spesso appare come l'ac– cesa, violenta. cornice. di un quadro un po' anemico) nella Voce di Dio Tiene invece avanti, entra lei parte viva nel romanzo. È la romagnolità, « il desiderio di vivere e di godere, di essere volga.ri e felici», che perde Cristina, la protagonista. E questa Cristina somiglia, sì, alle altre eroine dei romanzi di Mo- iioteca Gino Stanco
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