Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932
l!'. CRISPOLTI, Alla settala di Dante 107 -termini in cui lo dettò a lui. E tutti gli affetti per cui cercò il fine su– premo dell'uomo e trovò la. via di raggiungerlo, sono quegli stessi. che o dainno altrettanta ansia e indicano uguali strade a larghe schiere, oppure anche ai non partecipi alla ,sua fede rimangono pienamente comprensibili e direi familiari ». · Un modo più semplice e nello stesso tempo più esatto e persuasivo che spieghi la inscindibile colleganza tra arte e allegoria del concepi– mento daintesco non potrebbe trovarsi di questo del Crispolti: « .... l'arte di Dante ha avuto bisogno di chi rivelasse .... ciò ohe s'asoonde . s.otto il rvelarmedelli versi strani. Se, per esempio, noi avessimo preso alla lettera le tre fiere che gl'impediscono il cammino al dilettoso monte; se il molteplice commento non ci avesse indicato che esse sono allegoria e non ce l'avesse spiegata, tutta la necessiti\, del viaggio nei tre mondi per sfuggire alla loro minaccia ci sarebbe apparsa artisticamente spro– porzionata e grottesca». Un sottile discernimento del bello fa tocca-re all'entusiasta inter– prete anche quelle note di critica ragionevole che pur son necessa,rie nel folto della più grande bellezza poetica che sia mai esistita a guidare e controlla;re la nostra ragione. ,Sia,pure indirettamente, e temperato poi da un « a prima vista», il Crispolti trova modo di osservare che alcuni motivi del famoso canto francescano hanno qualche « stiracchiatura l>- e che la celebre introduzione può sembrare « superflua e illogica. l>. Via via che la mistica grandezza. di un altro cantore di Francesco, Ia.copone, viene riconosciuta. dagli studiosi come opera d'arte piena e cosciente, .il canto XI, io credo, perde, al confronto, in qualche punto, d'efficacia., e fa vedere certo artificio lettera.rio, la cui spiegazione però sarà sempre cosa un po' difficile e misteriosa,. lVIacalca.re troppo su questo fuggevo– lissimo tono di vigile ammonimento al proprio gusto poetico non sarebbe opportuno, e andrebbe oltre all'intenzione del Crispolti che ha, nello scritto ,sui canti XI e XII del Parad·iso, trovato m odo, olt re che dire cose bellissime, di chiari re uno d ei tanti giudizi fatti e fissa.ti nelle menti per opera di non pochi segua.ci del culto francescano : « .... le tre figure dì Francesco, di Dom enico, d' Innocenzo prendono non solo una, diversità rigida, irriducibile, ma in. opposizione così aperta tra, loro, che di qui a . qualche tempo se verrà ricordato alla gente come da.i due Ordini reli– giosi sorgessero tra gli altri due Papi, l'uno tutto ministero di pace, ossia Benedetto XI, l'altro tutto sever ità e terribili tà, ossia Sisto V, la gente crederà francescano il primo e domenica.no il secondo, né saprà capacitarsi che sia avvenuto precisam ente il roves cio ii. E non crederà nemmeno che un francescano sia stato l'autore del Dies Irae, e un do– menica.no abbia dipinto i volti più soavi degli angeli del Paradiso. Non è possibile che io noti qui, anche solo in ;parte, tutto quello dì cui si può far tesoro, in queste centocinquanta pagine del Crispolti: esse sono a loro volta il succo di una vasta e continua consuetudine di vita e di cultura. Agli artisti cristiani convenuti a Ravenna nel '21, l'autore metteva davanti il modello daintesco, come quello di chi più di ogni altro ha costretto il divino entro le forme visibili con intensità, precisione e concisione: non so quanti di quegli a-scoltatori abbiano seguito poi l'esortazione data sotto un segno si alto e a nome di un Maestro inarri- lioteca Gino Bianco
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