Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

V. MONTI, Epistolario 105 tro mondo, ho preso il partito di fare buon tratto di strada sulle mie gambe Impacchettato nel mio pastrano, coll'ombrello sopra le spalle alla maniera di Ro– binson, e giunto col giungere della pioggia a-Bagnacavallo, ho fatto anche megìio, .accettando la cortese e cordiale offerta del buon Longanesi, quella cioè del suo legno e della sua gubbia. Io dunque farò il mio ingresso in Ravenna a quattro cavalli, e farò conto di essere il principe di Corbalestro quando verrà alla visita del suo principato coi quattro cavalli del conduttore. Si legga, infine; questa duttile pagina narrativa, tratta da una let– tera alla moglie, del 12 gennaio 1822 : _In Fano, distante dieci miglia da Pesaro, dura tuttavia un antico costume ,ti celebrare, appunto di questi tempi, una giostra di tori, alla quale è molto il con– corso dai paesi circonvicini; e giorni sono ebbe luogo il primo spettacolo. Fu man dato in arena un toro veramente feroce. Egli è legge che a ognuno, che ami di accingersi con queste bestie, sia libero di entrare nello steccato. Niuno osò presen– tarsi contra quel fiero; e quanti cani si arrischiarono di assalirlo, tanti ne furono lanciati in aria e sventrati. Finalmente si fece innanzi un villano, che, con _istupore di tutti, si mise a fronte del tremendo animale. Gli sl accostò francamente; e Il toro, fatto mansuetissimo, 11!,sciòavvicinarsi e carezzarsi e palparsi; e lambiva la mano che lo blandiva. A quel portento tutti restarono attoniti e muti; indi un batter di mani ·che andava alle stelle. Quand'ecco improvvisamente un uomo che s'alza, e grida: - Costui è un mago. - È mago, - ripetono con voce furibonda alcuni altri dello stesso colore; e, - fuocò al mago, fuoco al mago! - s'intuona da tutte le parti. n presidente della giostra, persuaso ancor esso che quel prodigio non poteva essere che mera opera del Diavolo, fa spiccare quattro gendarmi che intimano al mago di uscire dallo steccato, e te lo menano prigione. Dimandato il perché di quella superchieria, gli vien risposto: - Perché tu sei un mago, e n'an– drai impiccato e bruciato. - E che mago mi andate voi contando ? - ripete il v'l– lano. - E non capisce Sua Eccellenza e Sua Riverenza che se il toro mi ha fatto carezze, egli è perché ha riconosciuto in me il suo padrone? - Pareva che tale ri– sposta, conforme alla testimonianza di molti che per vero padrone del toro lo ri– conobbero e ne fecero giuramento, avesse dovuto far rinsavire il nobile presidentf'; ma il povero mago è ancor nelle carceri, e si disputa quid agendi111n. Giudizi letterari più o meno distesi, osservazioni acute, come quelle ad esempio, sul verso dantesco Poscia più ahe il dolor poté il digvuno, -chiose varie, sf potrebbero citare a gran rlovizia. Le note poi del Bertoldi recano aneddoti e testimonianze e chiarimenti assai utili. Basterà qui un esempio. Quando s'incontra il nome dell'improvvisatore Sgricci, sul quale c'·è n,ell' Epistolario una lettera alquanto boccaccesca, assai gu– stosa, il Bertoldi annota : Dello Sgricci si narra questo grazioso aneddoto: che, partecipando a un pranzo, probabilmente in Pesaro ov'erano, tra gli altri, il Monti, il Perticari e Costanza. egli fosse invitato a improvvisare qualche verso in lode di questa, e cbe egli, colto di sorpresa, incominciasse : Vorrei cantar quegli occhi. ... Dopo una pausa, ripigliandosi: Vorrei cantar quegli occhi .... E dopo un'altra pausa: Vorrei cantar quegli occhi. ... E allora il Monti, impazientito : E canta anche i ginocchi, Le braccia, il seno, e il resto, Pur ohe ti sbrighi presto.

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