Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

Vinoent D' lndy 95 pochi !'K>no i momenti in cui la pagina s'anima e si colora di vita: pochi soprattutto in rapporto alla mol~ dell'opera. Un'antologia dindiana, a tenersi rigorosamente all'arte, non riuscirebbe molto voluminosa. Per mio conto mi basterebbe che vi fossero incluse, delle composizioni sin– foniche, la ricordata Cevénole e le variazioni Istar, alcune scene di F'ervaal, di L'Étranger e l'ultima parte della Légende de Saint-Christo– phe: tutta la musica da eamera lascerei senza rimpianti alle classi {li composizione dei conservatori. Postremo rappresentante di un epigonismo astratto, nella sua crociata per un'arte nazionale fu raggiunto e sopravanzato da Claude Debussy, che ri~rovata la vena autentica della tradizione francese genia,lmente la avviò verso i f!uoi nuovi destini. Fu questa, forse, una delle ragioni per cui sempre più si rinserrò nel concetto dell'insegnamento come « condi– zione essenziale dell'arte», e s'illuse di fondare, oltre che un'utilissima benemerita « Schola », un'anacronistica scuola di artisti. Nobile e pura illusione per cui la memoria di Paul-Marie-Théodore-Vincent d'lndy ci è cara tuttavia, e la sua figura ha un posto segnato nella storia, accanto a quella dei cavalieri dell'ideale, « sans peur et ,sans reproche )). GUIDO M. GA'ITI.

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