Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
Villa Bea,trice 709 zino, pieno ma dai lineamenti ora marcati, quell'aspetto maschio, quell'aria-di serietà che dà il mare .... - Mi avevi scritto, sì, lo sapevo che t'eri arruolato, ma io non pensavo, non m'immaginavo che tu venissi. ... tu venissi a far Pa– squa, a passarla quassù con me .... Un sogno: mi par di sognare .... Dov'è la tua roba? La cassa? L'ài lasèiata in stazione? L'ài portata su in legno con te ? · Quegli accennò la valigia, la piccola valigia posata sopra la ta- vola. · - Questa ? Soltanto questa '? La Raffaella provò una gran delusione. Nella sua fantasia, il ritorno di Pierino era accompagnato dal cassone adusto, massiccio, incrostato di mare, colore e odor di catrame, con sopra le tracce delle lontane venturose navigazioni : il cassone che ella aveva sognato posante poi in ozio ancora imma– g:inoso nella camera sua: e invece, 'lUella valigina nuova, dì dnbbio cuoio, con le cerniere lustre. Nessuna gioia che non abbia un sorso d'amaro. La Raffaella prese quella valigina: pesava un'oncia. E con quest'ombra di mortifica– zione nello sfavillìo del suo giubbilo, ella g·uidò il marinaro alla -camerina, la stessa, dove già un tempo aveva dormito Pierino. La luce, l'aria pasquale. E l'arrivo: l'avvenimento. La Teresina, l'Ersilia, tutti in fattoria, facevano festa al marinaio: restavano davanti a lui sorpresi, in certo modo quasi incantati a guardarlo: come il popolo guarda chi à girato il mondo e torna da aver veduto genti e paesi e ora à una divisa che, nuche quella, contribuisce a - -colpire e a far lavorare l'immaginazione. Il fattore gli aveva offerto il vin santo, mescendolo a lui e agli altri alla tavola del salottino, tutti bevendo alla salute del festeggiato : questi areva ingollato il bicchierino a modo di chi à preso il vizio a buttar giù i liquori arzenti. Tutti l'assillavano di interrogazioni, tutti avrebbero voluto sapere le m,ai tante cose: lui rispondeva a monosillabi, con una voce e un tono che non gli riconoscevano: se mai pronunziava qualche parola, eran parole d'un italiano ridotto a essere inteso in qualun– que parte del mondo, dette con un accento che non aveva più nulla della pronunzia toscana: un accento esotico che risentiva di tutti gli incroci; la voce bassa, e un po' gutturale. Quando Romualdo seppe dell'arrivo - e fu la Raffaella che salì .a dirglielo - : - Perbacco! T'avrei dovuto avvisare, ma poi la cosa di Bar– berina .. :. Ma che proprio arrivasse oggi, neanch'io lo sapevo. Ohe sta a fare giù ? Perché non sale ? E mentre la Raffaella s'affrettava giù, egli chiamò Beatrice: - Vieni a vedere chi c'è ! ibliotecaGino Bianco
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