Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

Villa Beatrice 701 episodio le si ripresentava ora pieno di presentimento. Nel pome– riggio, essendo rimasto aperto il· cancello, era entrata una povera con un bambino per mano, scalzo, lacero e piagnucoloso. A quello spettacolo, Barberiha aveva voluto, per forza, regalare al bambino if bambolotto, quello della nonna e a cui voleva pur tanto bene. Anche le era parso che per un: nonnulla alla bambina s'accen– desse il viso: e l'aveva anche sentita fare una volta o due quel verso di chi à il raschìo alla gola - le ritornava in mente ora, a sentirla respirar così. E quando la bimba le aveva dato il bacio della buo– nanotte, ella aveva creduto di sentire i labbri caldi, l'alito caldo : le aveva appoggiato due dita, sotto la camiciolina, all'attaccatura del collo : ma non le era· parso che avesse la febbre: .«Ti senti bene ? )). « Sì, mamma)). Ma era quel modo di respirare .... Pur tuttavia volle. ancora cre– dere che fossero state impressioni esagerate, effetti del suo stato d'animo, di fantasia riscaldata; e a,nche quel respiro un modo di russare infantile. Ma non le era possibile di persuadersi. Insensibil– mente, il rmnor gutturale acquistava d'intensità : dava. un senso crescente di pena: a confrontar m~ntalmente il respiro d'ora a quello di cinque minuti prima, c'era una differenza impressionante. Aveva del rantolo, ora, il respiro. Un colpo di tosse: come un ululato di cane. Beatrice si buttò giù dal letto, s'infilò le babbucce, la veste, corse di là. Alla fioca luce del lumino da notte, scòrse, nel suo lettino, la bimba che il colpo di tosse aveva svegliato. A sedere, con quel re– spiro faticoso a rantolo che da vicino faceva tanto male che non si poteva sentire, col viso acceso, Barberina cercava, smaniando, l'aria. Beatrice girò la chiavetta della luce elettrica, si precipitò verso il lettino. La bimba, cercando sempre l'aria, alzò la faccia, tese le mani e con voce àfona: «Mamma>). E in quel "mamma" c'era quel che non c'era mai stato tutte le altre volte che ella aveva pronunziato "mamma"; c'era quello che c'è in codesto nome, soltanto in codesto nome invocato a soccorso. Che cosa sentì nel cuore Beatrice! Ella tirò giù la spalliera che proteggeva la sponda laterale del letto, fece per prendere Barberina in collo : quella, coi gesti delle manine, con la mossa della faccia affannante per trovar l'aria, fece-capire di no: che altro era il bi– sogno : che aveva bisogno d'esser l?,sciata tutta per cercare quella possibilità che le era impedita, per utilizzare anche il menomo filo, la menoma particella d' aria. Ma ancora una volta : «Mamma)), con voce anche più àfona; e un altro colpo di tosse: un altro ancora meno umano eppure più lamentoso ululato. L'uscio che metteva nella camera aecanto dell'Ersilia era mez– z'aperto. Beatrice lo spalancò. - Ersilia! BibliotecaGino.Bianco

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