Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
Il mare 6!9 riso era sforzato, ma Alda teneva molto che noi sentissimo. Volgen– dosi .ç\.ldaa noi, distinguevamo il suo viso un poco animato e diYe– nuto roseo; ci parve interessante; ora Ri ravviava i capelli davanti a lui, prima del bagno; le ridevano gli occhi; poi si tuffò in acqua come se lo invitasse; Benvenuto la raggiunse, si sentivano accenti dei loro discorsi tra la cadenza .dell'onda che pareva vi mettesse una rima; le loro voci, tra le vocali dell'acqua, erano dure come pietre urtate. Aspettammo che tornassero a riva. Ella si sdraiò su uno scoglio, Benvenuto ai suoi piedi sulla rena, ma discosti e senza guardarsi, come se uscendo dal bagno· sentissero il bisogno di se– pararsi; divisioni e solitudini che crea il mare. Né Benvenuto poi venne a trovarci. Parlavamo tra noi. Ci parve che Alda capisse il tono d'ironia che era nelle nostre parole e nei nostri sguardi. Can– tando mentre si vestiva, aveva una voce stridente. Hélène si accoRt<Ì alla riva, are1;1andosi come una sirena che si sia sbagliata, e scher– zava tra la schiuma dell'onda col suo marinaio; parevano pesci, ro– tolavano come asteroidi marini, si divincolavano come se le membra loro fossero divenute tentacoli, 8i allontanarono di nuovo in un moto lento e 8upino come meduse alla deriva. Quando Alda passò davanti a me, e io accennai a un saluto, ella, pallida fin sulle lab– bra, mi disse bruscamente: - Vorrei parlarle, signor Tartuca. - Quando vuole. - Questa sera, alle sette, qua. - Benvenuto la se– guiva a pochi passi, ella si volse e disse seccamente: - Arrivederla, Benvenuto. - Ora il giovinetto s'era seduto accanto a me, zitto ·e • fìso. Era già nello stato cli chi non capisce più quello che accade. Avevo capito che cosa volesse Alda: e immaginavo la scena. Ella mi avrebbe detto: Signor Tartuca, lasci stare quel povero ragazzo, non lo tormenti e non gli lasci commettere delle sciocchezze. E sarei io così poco interessante, che lei mi destina a un ragazzo senza esperienza? Questo doveva essere, secondo me, il discorso. Sarebbe stato quasi buio, e io avrei potuto parlare sinceramente: Ella ha ragione, signora Alda; ma è il mare che mi fa male; divento ma– ligno e inquieto, questa è la verità. Ella dovrebbe conoscermi nella mia città; io sono in città una persona come tutte le altre. Ma qui sono un animale, non so che cosa io voglia, e il mare sembra che me lo stia a domandare continuamente, col suo rumore e il suo ritmo: e chi lo capisce, poi? Parla, ma la sua lingua è misteriosa e noi uomini non la possiamo capire. Mi dà l'angoscia. Se riuscissi ad addormentare questi pensieri, se riuscissi a dormire; io vorrei che tutti i miei pensieri vecchi se ne anelassero ; mi sento come una stanza chiusa da molto tempo. E sarà magari che sto invecchiando. Io sono di dentro come se il cuore fosse divenuto secco e duro. Il mare mi dà la tristezza d'essere uomo; mi ricordo tante cose felici, il paradiso terrestre,· la gioventù, la felicità. ~on so proprio, non BibliotecaGino Bianco ,
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