Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

G. STUPARICH, Guerra del '15 759 cose insolite, fatti eccezionali, spinge involontariamentll a falsare· un po' la voce; la coscienza stessa dell'importanza delle cose: da dire ge- - nera codesta falsità, e via di seguito. Però, quando si trova un diario dove .i difetti insiti nel genere sono superati, e dove cotesta impostazione di voce su un registro· forza.to non si verifica, ma anzi accade insolitamente il contrario, ecco che ci si di– mentica di tutte le prevenzioni generiche, la lettura s'avvia, e si giunge · alla fine S(lnza un momento di stanchezza. E si pensa che anche i diari sottostanno alla legge comune d'ogni opera d'arte, che, quando c'è, al genere cui appartiene non si pensa affatto. Questo m'è capitato col diario di guerra dello Stuparich; le preven– zioni son cadute sin dalla prima pagina, e solo verso la fine ho sentito che un filo di stanchezza cominciava a insinuarsi e ad allentare la niia attenzione. Perché questo ? La risposta generica è che il diario dello Stuparich è un bel diario; ma poiché ciò non basta a qualificarlo, oc.cor– rerà vedere il perché di questo suo esser bello. E mi pare che esso con– sista in una qualità dell'animo del diarista, costantemente presente in tutto il libro : una singolare serietà etica. Lo Stuparich, triestino, è andato in guerra volontario. Chi ha un po' d'esperienza diretta dei sentimenti pubblici che resero possibile il nostro inte1wento in guerra, sa anche che ci furono varii modi d'andar volontari.: dai più retorici, che poi, non dico di no, diventarono eroici, ai più umili, che in trincea ebbero anch'essi campo di trasformarsi in eroismo. Lo ,Stuparich non è dei primi, e nemnieno del tutto dei se– condi: in lui, triestino, educato a un'intima serietà (credo che qualche . tratto morale dello Slataper, che gli fu amico e compagno nei primi giorni di guerra, sia penetrato in lui; sin da giovinetto; e comunque, si sente in lui un'educazione al dovere che, se ha radici familiari, la vita e la cultura hanno ra,fforzafo e irrobustito), la determin~zione di andare in guerra volontario fu dettata dalla coscienza di compiere un dovere che direi elementar,e, immancabile e indiscut_ibile. Ci furono in– terventisti che non partirono,; è impossibile pensare che l'interventista Stuparich potesse restare a Firenze o a Roma, appena dichiarata la guerra, solo ventiquattr'ore di più. E si dice questo per indica,re aU'in– grosso il modo come egli senti questo dovere: proprio come imperativo categorico. Non si cr,eda tuttavia che questo fono morale abbia dato qual- cosa d'impettito e di statuario al volontario, triestino; nulla di tutto ciò, a,1punto che la sua figura etica, serissima di fondo, è poi tutta umana, è come quella di tanti compagni di trincea, soldato gi•anatiere che al– l'umanità dei compagni non si s,ente 1nai estraneo, pronto anzi a scusarne i difetti, a comprenderne anche l_a vigliaccheria, rara sì, ma che pure s'incontra, come nell'episodio dei _duesoldati nascostisi dietro i sacchetti a terra, non usciti all'attacco. Questa etica serietà, divenuta abito na– turale, spontaneo modo di sentire e di vivere, è l'intimo tono, l'elemento costante, la, notai fonda del diario dello Stupa.rich. Ed ,è essa che dà il tono alle parole al libro traducendosi in -una disposizione verso le cose, i fatti gli uomini <Josta'ntemente veritiera: sicché serietà etica e senso della ;erità qui fa~no tutt'uno. Si pensa anzi che lo Btuparich possegga come un dono, come una qualità spontanea dell'animo, questo senso

RkJQdWJsaXNoZXIy