Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

758 E. PE.A., ll servitore del Diavolo - La .figlioccia il padre che tiene in braccio il figlioletto salvato, Sant' Anna di sott'il portico apparsa alla ragazza uliva.stra, le perpetue nella canonica in un giorno di festa, la riconsacrazione dell'indemoniata: tornano dalle pagine del libro cli Pea, o dalla pittura d'un antico ? E questa sua scrit– tura,, che par di mill'anni, e che è viva ancora, che cosa è mai, e peI'ché e cosi tutta corsa da trasalimenti? Torniamo a Pea, a lui, dico, uomo; che d aiuti un poco a .capire. La sua esperienza, la saggezza amara, nulla ha sperso in lui di quel com– plesso di contradittorie vicende di cui la sorte lo fece testimone, di quella sua meraviglia d'allora. Ancora, a cinquant'anni, quando narra, a certi ricprdi e à certi nomi, trasalisce. Ora da questo nasce e s'alimenta l'a,rte sua,. Si direbbe un vivente esempio del «fanciullino» pascoliano, senza scadimenti arcadici, ma con un fermento, una febbre, una forza visionaria talvolta che arricchiscono quella sua facoltà d'incanto. La vita di Pea, quella passata, di tant'anni,' in mille forme parla in lui e si mèscola alla vita d'ogg·i. 1 Tanto è viva, che non ha bisogno ç1i ri– chiamarla, e non la rimpiange come perduta. Essa, agisce per sé, quasi indipendente, popola la sua fantasia. E Pea d'oggi, quello che ancora vive e veste panni, non è già spettatore, ma attore anche lui. In quel beato 1-egnodel resto, dove accadono tali incontri, la sua persona reale, che ha tanto d'irreale, è favola anch'essa, oh come ci deve stare a suo agio ! Qui è il punto. Le cose che narra si trasformano in fantasia, per– ché la sua stessa v~ta pratica non è quasi toccata da ciò che lo cir– conda, è un'invenzione anch'essa. E se inv,enta la sua vita, pensate quanto debba riuscirgli facile c1'eare e scrivere e trasfigurare. La, Fi– glioccia, che è il segno più alto della sua arte, è appunto tale per questa potenza di trasfigurazione. Il ragazzo, il vecchio, ·altro non sono ancora che Moscardino e il nonno, vivono per conto loro non legati al racconto. E quante figure intorno, vive anche loro, dove i motivi dell'arte di Pea, tutti lontanissimi, delle prime prove, trovano corpo e figura,,, e la realtà nel limite, e pur continuano a rimaner fa vola! Vorrei dire che è uno dei più forti racconti della moderna arte narrativa, e che nessuno forse porta con sé tanto consumo d'esperienza, ha caratteri sì delicata– mente modulati, e aria e poetico accento. Vorrei dire che ha una ferma scrittura che difficilmente il tempo consumerà. Vorrei dire .... Ma chi mi difenderà? GIUSEPPE DEi ROBER'l'IS. GIANI STUPARICH, Giierra del'15. - Treves, Milano, 1931. L. 15. Habent s·ua fata anche i diari. Sui quali ci sembra superfluo ripetere il già noto : cioè, è difficile che un diario si faccia leg·gere tutto ; gene:r:e statico, un po' ,come gli epistolari; il vedersi allineati sulla pagina momenti di vita, sentimenti e fatti che nella realtà si son prodotti entro un tempo più largo, non può non riuscire monotono; una volta acclimatati, scoperta cioè l'indole del diarista, il suo modo di osser– vare e cli reagire alle cose, la sorpresa diminuisce, la curiosità s'at– tenua e cade, ecc. ecc. Ancora,, ad abundant-iam,, e in un modo parti– colare per i diari cli guerra: accade che l'idea cli narrare o descrivere BibliotecaGino Bianco

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