Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931
E. PEA, Il servitore del Diavolo - La figlioccia 7ò7 libere movenze, e obbedendo a una irradiante potel1za lirica. Nella Figlioooia, semplificati i mezzi, la materià e il tono rimangono gli stessi.· E si può dire che il lavoro di semplificazione fu tutt'uno ciò che contrad– distinse la vita e l'arte di Pea; fu il segno della sua natura privilegiata. Senza che però perdesse mai nulla d'intensità e d'intima vibrazione. Da una famiglia nella quale, per una fata.Iità ckca, confluirono la pazzia, la os_session3cntetirannia sensuale, il disordine morale, egli ri– cav_òper-suo conto dominio di sé, saggezza a caro prezzo, castità di vita; da un'adolescenza che poteva essere irreparabilmente guastata, tra il razionalismo rivoluzionario e la distruzione degli affetti, spremette una devozione per le cose belle che quel tristo fiato anziché appannare fece più risplendere. Nella Baracca Rossa, descritta nel Servitore del Diavolo, le parole maledette « né Dio né padrone», che ammonivano di sulla porta, erano da una povera serva, compitate e ridotte a una verità santa .... « Dio .... padrone». E non sarà stato vero; ma con questa _invenzione Pea già allora rispondeva con la voce del cuore a quell'in– sulto. Per la ste_ssa,via, e dopo un'esperienza durissima, le due figm;e principali dei suoi racconti, il nonno, che campeggia in Moscardino e nel Volto santo, il vecchio, intorno a cui si muovono le vicende della -Fi– glioooia, ritrovano alla fine un poco di bene. « Mi fermai quando seppi che tuo padre era morto», il nonno dice, che già aveva conosciuto la dissoluzione, la vita randagia, la pazzia; e l'altro, il vecchio, nell'amor semplice_ d'una donna semplice trova riposo, e la speranza di anni sereni. Ecco gli esempi che hanno arricchita la vita di, Pea. Ma la conclusione di questi ùue racconti sarebbe un tantino banale, se Pea non l'avesse caricata di pericoli, e quasi fatta méritare come un premio. Non è una conclusione idillica, ma drammatica, e umanamente bella; perché risultante da una lotta aggrovigliata. Dirò che nella rap– presentazione di quel groviglio Pea tocca la cima dell'arte sua; e vi contribuisce quel suo comporre a zone, con apparenti deviazioni. A un lettore superficiale questo potrebbe parj;lre un disordine, ed è invece tes- situra ardita, stile scaltrissimo. C'è come un doppio linguaggio, quello che parlano le cose, ognuna per sé, e quello che parlano tutte insieme, rimandandosi la voce e accor-dandola : linguaggio pteno di suggestioni e di echi. La vista d'un paese ecco rischiara la dannata mente; la beatitu– dine d'un'ora, un rintocco, -chiama, e conforta la coscienza smarrita. Quando nuvole di follia oscurano l'anima, immagini d'una- vita ripo– sata paiono un celeste avviso. E. poi, quel tornare che fa s,empre indietro nel tempo, si che nasca volontà di bene da-1male fatto .... Che ricchezza di sceneggiatura, delicatezza nello svegliare _segrete voci! Paiono sulle prime cose superflue, e allargano il campo ; prospetticamente rifanno il dramma della vita. La fine di Moscardino forse per questo sarà stanca, per quel parlare e farneticare « a solo » del, nonno; mentre ne~ V ?lto sam,to che riprende quasi allo stesso punto 1 argomento, torna 11 r1cco ·stile 'rappresentativo di Pea, jl suo dilettoso respiro lirico che ay– volge tutto. Pezzi d'eccezione, pur!l sono ~aldamente ~egati al r~onto i scene di sapor realistico da novella, acquistano quell avventuroso che e proprio della favola. E sempre qu_ell'aria vibrant~, quell'aria- st~•eg_ata._. .. Di dove tornano a noi appariziom come queste: m una notte d1 diluvio, .
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