Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

752 C. BAUDELAIRE, Liriche scelte delle musiche più ineffabili. ,Meno, forse, poteva mancare il sonetto degli Aveugles, e, meno anc6ra, quello A ime passar,,te; e forse potevano tro– vare a,ccoglimento le strofe di A celle qui est trop gaie, di cui alcune bel– lissime. L'inclusione nel testo del saggio, a mo' di citazione, della Mort des Amants e cli .:l wne Malabaraise, vale a eonsola,rci della loro assenza nell'antologia. Anche l'esclusione di una lirica assai importante ma in buona parte g·onfia e rettorica ,come Le Voyage ci appare completamente giustificata, specie poi quando nel testo medesimo è riportato il suo squarcio più stupendo, l'invito all'isola della morte e dell'oblio. Forse potrà stupire che, proprio alle soglie del suo studio, il quale resta una delle più significative, e, diremmo quasi, sofferte, testimo– nianze sulla gra;ndezza di Baudelaire e sulla sua importanza nel nostro mondo moderno, l' Alberti si preoccupi, a mio parere soverchiamente, di limitar,e tale grandezza, avallando, sia pure con motivazioni assai di– verse, il tradizionale giudizio che farebbe dell'autore delle Fleurs un poeta secondario, unicamente capace di solitarie e difficili perfezioni. Forse tale sc,rupolo deve ascriversi in parte ad un bisogno del critico di allontanarsi dal proprio argomento, di prenderne le debite distanze _oer meglio poter considerarlo. Forse il critico stesso si sentiva impegnat.o troppo a fondo, l'esperienza interiore di quella poesia era in lui troppo vivace perehé non sentisse la necessità di ricorrere ad Ùn quals:iasi mezzo per obbiettivarla,, e rendersela in qualche modo estranea con un giudizio di valore, di cui, comunque, sarebbè stato necessario mettere in rilievo l'estrema relatività. Non si tratterebbe, in fondo, che di un espediente d'innamorato che si preoccupa cli salvare la propria libertà di fronte al- 1'oggetto del.suo amore. Il che non vuol dire che i suoi argomenti non sfano giusti: ma soltanto insufficienti all'assunto. È ben vero che a Bauclelaire venne meno «· la salute essenziale», « quella del genio, che investe, sublima e purifica tutto l'umano, e mancando la quale la discor- ~ danza interiore non perviene senza gravi intermittenze a comporsi in ar– monia >>. Ma quella suprema salute mancò anche ad un altro poeta forse più grande, a Leopardi, la cui anima, portò anch'essa una ferita parago– nabile a quella che travagliò la vita e l'arte .del francese. Né si può fare troppo grave appunto al dandy parigino, vissuto in pieno romanti– cismo, se le parti deteriori dell'opera sua. non rivelano l'impronta di quell'alta coscienza umanistica che vale a salvare ai nostri occhi l'opera di un Petrarca o dello stesso Leopardi l'l,nchenei momenti dove non è as– sistita dall'affiato poetico, ma rimane semplice esercizio stilistico o -clau– sola meditativa. Anche se i poemi più scadenti delle Fleurs recano, egra– vissimi, i segni del cattivo gusto e della rettorica romantica, anche se è esatto notare in tutta l'opera certe sorprendenti disuguaglianze e salti di tono che parrebbero alla prima inspiegabili, non è giusto, - per quanto possano eontare questi approssimativi e grossolani criteri ge– rarchici, - confinare Baudelaire nel limbo sontuoso ed eletto, ma pur sempre limbo, dei poetae minores, degli artisti schietti e squisiti ma di breve volo : metterlo a braccetto, tanto per intendersi, di un Properzio o di un Verlaine. Ascoltiamo Alberti: « Baudelaire è di quei votati alla parte di cr,eatore che per doversi assumere la secolare esperienza mon– dana sono costretti ad ogni colpo a non poter rischiare meno che tutto. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy