Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

VILLA BEATRICE. $TORIA DI UNA DONNA. PARTE TERZA. CAPITOLO XI. Il primo moto di Beatrice quando le presentarono la creaturina, fu d'av'versione. Avversione per l'essere che l'aveva fatta soffrire 1 nato non ostante tutto q1iello che in lei s'opponeva alla concezione, alla formazione d'un'altra vitai. Quel corpiciattolo ra1ttratto come un ranocchio, in camiciolino e la fascia alla, vita e la pezza, sul guanèialone coi na,stri rosa, era codesto il frutto della violenza che le era stata fatta; la creatura la cui prepotenza per venir al mondo l'aveva fatta soffrire. Ell'era ancora tutta intrisa delle doglie atroci'. In generale, appena la creatura nasce, immediatamente è un senso di liberazione: troppo, anzi; troppo repentino il passag 0 gio dalla sofferenza massima, dai limite ultimo della sua sopporta– bilità al completo benessere: e_ una dolcezza invade, grande; i nervi, tesi, a un tratto si rilasciano, e viene il pianto per il troppo bene dopo tanto male. E tra le lacrime il patimento ;passato pare di già lontano: e caro n'è il ricordo e caro l'oggetto, come non lo sarebbe, senza il patimento, in quel modo immenso e profondo. · Beatrice non aveva avuto neppure codesto dono : le era rimasta nei nervi, in tutti i tessuti una rivolta, un'irritazione che non sarebbe stata mai dimenticabile. Ella osservò con occhio freddo e duro la creatura:- la testa molle, informe, con la lanugine che aveva - del vegetale, la fossetta palpitante ancora : osservò quel visino di mela tutt'una grinza, di pianto e le ca1rni tutte grinzose anch'esse e vuote, escoriate qua e là, color del gambero cotto,. E senza trasporto, obbedendo soltanto al gesto della levatrice che le porgeva la cr~a– tura, se la tolse in braccio. E allora, quando l'ebbe in collo, quel– l'abortino che non pesava nulla, con quel disperato vagito senza interruzione, ella provò una pietà infinita.· Non aveva mai visto con tanta evidenza la vita come dolore: non aveva mai avuto tanta pietà di se stessa, dell'infelicità propria : e ora da lei, un'altra creatura, un'altra infelice. Teneva la creaturina BibliotecaGino Bianco

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