Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931
Poveri 577 a casa, e non se lo mette più a cavalcioni sul ginocchio, forse per– ché ha quelle pantofole, e sta in quella corsia, ed è come se non fosse più lui. Forse è per questo. ' - Addio Ferruccio, - fa d'un tratto il malato. Via, via, via tutti! Ecco, è anc6ra solo. Tramonta. Di là dal muro di cinta si sentono gli organetti delle 9sterie del suburbio, par quasi di distinguere, nel ·brusio della $era festiva, schiocchi di bocce. Ma tutto è lontano, lontanissimo. Qui è silenzio, già l'ombra empie lo spazio fra i letti ; dai vetri un po' ghiacci i prati sembrano neri, tagliati in croce dai vialetti. È solo, come se tutti fmisero partiti e si fossero scordati di lui, anche gli infermieri, anche i compagni, tutti. Il malato d'un tratto pensa ai morti, ricorda le loro facce, nei lettucci accanto al suo, prima che le ricoprano. Le bocche dei vivi, che talvolta si curvano a baciare, s'accostano mal– volentieri, hanno fretta: il malato lo sa. Non c'è più nessuno, nes– suno, che voglia bene ai morti. Sono soli. E perché ? Ohe significa questo? UGO BETI'I. ibliotecaGino Bianco
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