Pègaso - anno III - n. 11 - novembre 1931

600 B. Oioognani L'amico però, l'amico dichiarato era Leone: il poderoso cane maremmano. Aveva una nomèa terribile, Leone : bastava vedere come si !-do– gava, da· spezzar la ca.tena, contro chiunque estraneo: Anche chi ormai ci aveva confidenza sapeva che la, meglio era di tenersi a rispettosa distanza. Quando poi, nei momenti eccezionali di libertà duranté il giorno, si distendeva al sole in II!-ezzoal piazzale di fat– toria, pareva che d'intorno a lui si stabilisse una cerchia in cui nessun animale s'avventurava. Barberina era sfuggita, la prima volta, di mano all'Ersilia che discorreva con la fattoressa, per cor– rere ad accarezzare Leone a catena: il cane, sorpreso, aveva fiutato la bimba: ella gli aveva carezzato il muso; e il cane, nuovo o di– mentico ormai del ·tocco di piccole dita, comr se quella fosse una carezza di foglia o il trascorrere d'un animaletto, starnutì. ~ ciò aveva molto rallegrato Barberina e spintala a continuare, talché, si– cura. ella aveva insinuato le dita dentro il collare: costì, Leone non ia;offerivad'esser toccato : nessuno, da anni, l'aveva toccato in quel punto: egli fissò in Ba,rberina quei suoi occhi un po' sempre iniettati di sangue, parlanti d'una lontana ferocia attutita e insieme inacer– bita dalla catena: la bimba non si spaventò: pose l'altra manina sopra la testa grossa del cane: quegli arricciò il naso scoprendo i denti superiori e dètte appena col muso un urto nel petto alla bimba. Barberina perse l'equilibrio_ e gli s'avviticchiò al collo. E il cane allora, umano, s'accosciò appoggiandosi sulle anteriori e stropic– ciando il muso_contro la gota della bambina. Era stato così che avevano fatto amicizia. Da quella volta non era, si p1;iòdire, passato giorno che Barberina non si fosse fatta condurre a fare una visita a Leone. E il cane sentiva a gran distanza la bimba; e se era a catena incominciava a essere inquieto e a mugolare; se poi era sciolto, si metteva al cancellino di dove quella sarebbe venuta, e al giunger di lei gettava un abbaio che intronava il piazzale e l'aria per lontano spazio, e l'a,ceoglieva saltandole in– torno grottescamente sulle quattro zampe. Poi, si sdraiava aspet– tando sul capo, sotto la gola, la voluttà che Je piccole unghie sape· vano: gli occhi socchiusi sognavano i pascoli della montagna~ e dalla bocca ìasciata lenta una puntina rosea, la punta appena della lingua, rosea, come d'un-bambino, appa,riva. Tutte le persone erano a,ttratte e prese da questa vita nuova. così gioiosa di essere, così festosa e amorosa verso ogni altra forma di vita. Quanti avevano trepidato nei mesi scorsi, si sentivano òra largament e ripagati delle sollecitudini, delle premure p.sate, consi– derava.no un po' opera loro questo sbocciare felice, e si rallegravano anch'essi, ritrovando anch'essi, in sé, sotto la crosta dovuta fare per resistere all'urto della realtà, l'incanto delle immagini p~ime, della. prima visione del mondo, la çommovente sorpresa delle sen- BibliotecaGino Bianco -

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