Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931

VILLA BEATRIOE. STORIA DI UN.~ DONNA. CAPITOLO X. Bra partito la mattina. Ella lo aveva accompagnato fin giù al· l'automobile, assicurandolo che si sentiva bene, che se si fosse tro– vata troppo sola, « Ma sì, sta' tranquillo, mando a chiamare i miei» : c'era un'affettuosità inusitata, una dolcezza, nuova anche per lei, non solo nel tono ma in lei stessa. E questa affettuosità nuova, questa dolcezza nuova le faceva tanto bene: non s'era sentita mai così leggera, giovane. E anch le cose dintorno avevano un altro aspetto. Forse, perché c'era il sole, dopo tanti giorni di pioggia, e l'aria, era tersa e sulle cime degli Appennini la p1·ima,neve. Il luc– cichìo delle rame, dell'erba, al sole era un luccichìo di gioia. - Come rinunzierei volentieri a partire! Stamattina tu .... - Stamattina io ... ? - Non te lo dico: se no, lo so come sei.. .. Lei s'adombra. sù- bito .... E con l'indice le solleticò la fossettina del mento. - Ecco, se non avevo ragione?, bell'e messo il broncio. Due lacrime le uscirono dagli occhi, le rigarono le gote, ma eran lacrime soavi. - No, non vado più via. Rimango. Non vado più via. - O questa ? Sei matto ? L'asprezza: come una spina che improvvisa punge quando rin– canto del fiore aveva fatto scordare che c'eran le spine. - Ai ragione. - La baciò in fronte - Addio, cara. La propria uscita aveva fatto in Beatrice l'effetto come si vede talvolta che una secrezione fa accartocciare un verme. Contratta, richiusa di nuovo dentro di sé. Romualdo: - Addio, pènsami, addio! Ella alzò il braccio e non riusci neppure a mover i diti per fa,re il segno del saluto. Biblioteca Gino Bianco

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