Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
396 G. Deledda, · Questa volta il vecchio gli venne incontro, meno ostile, tuttavia sostenuto e guardingo : il cane, invece, per quanti cenni il padrone gli facesse, non smetteva di ringhiare. . - Eccoci di nuovo qui, - disse l'ingegnere, legando il cavallo all'inferriata della finestra. -- Sono stato a casa vostra : ho cono– sciuto la }Ostra brava nipote. L'altro ascoltava, fermo, chiuso. - Vostra nipote sarebbe disposta, anche per conto della mamma, a trattare per la vendita, della miniera; adesso ci vorrebbe il vostro consenso. - Venga, - disse il vecchio, avvicinandosi alla porta della casa; e fece entrare l'ingegnere in quella specie di studio che si intrave– deva dalla finestra del pian terreno. Tutto vi era coperto di una polvere scura che pareva sabbia, ma tutto anche illuminato da una viva luce azzurra: ed essendosi :finaf– mente il cane placato, l'ingegnere sentì un. velo-di silenzio avvol– gerlo. Come si sarebbe potuto lavorare bene li dentro, con lucidità di mente e calma di cuore! Un raggio di sogno tornò a rischiarargli il pensiero, mentre sedeva davanti allo scrittoio, al posto del pro– prietario morto: vide una carta asciugante, seminata di parole e di cifre alla rovescia, ed ebbe l'imprèssione che quei geroglifici si– gnificassero qualche cosa che lo riguardava, ma che non riusciva a decifrare. Anche negli occhi del vecchio, a momenti buoni a momenti tor– bidi, scorgeva un non so che di strano, come se il Gilsi avesse una gran voglia di parlare, di spiegare tante cose, e non ci riuscisse. Bisognava aiutarlo, destare la sua confidenza con la confidenza. - Senta, - disse dunque, dandogli per la prima volta del lei, con rispetto sincero, - io ritengo che ci si possa intendere facil– mente. Anzitutto si farà. una perizìa : lei non ha nessuno a cui possa affidarsi ? Rigua,rdo a .me, troverà un uomo onesto. Il vecc~io, in piedi a fianco dello scrittoio, piegò la testa, parve pensare, disse: - Devo prima raccontarle una cosa. La miniera, prima che mio figlio cominciasse a scavare, apparteneva a me esclusivamente. Già da tempi lontani era, proprietà della mia famiglia; mio nonno fece, per primo, un assaggio : scavò da sé una buca e trovò subito il mi– nerale; ma disse che ne era venuta fuori una colonna di fumo, e una voce gli aveva gridato : « vattene, se vuoi evitare sfortuna; continua a fare il pastore, che sarà molto meglio per te>>. Ed egli, che era superstizioso, chiuse la buca. Anche mio padre aveva paura, - prosegui il vecchio, sospirando, non si sa se per com– passione dei maggiori, o di se stesso che rimaneva aggiogato alla loro tradizione : -· paura che gli scavi gli portassero disgrazia. Diceva: « si, finché si può vivere senza chiedere l'elemosina, finché BibliotecaGino sranco
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