Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
476 B. Oicognani nia. E dell'inverno più nessuna traccia : tutti f ioriti gli alberi da frutto, tutte le piante coi germogli nuovi, e le chiaz.ze gialle nei campi e le distese delle. margherite. Da un pezzo era pronto tutto, nella villa, per qualunque fran– gente. Nella così detta camera dei forestieri era stato allestito il lettuccio del parto, e la stanza era, stata ridotta come una stanza modello anche per il caso in cui fosse necessario il chirurgo. Era stato provveduto scrupolosamente tutto quanto· potesse occorrere in tale eventualità: come in una casa di cura. 1 La signora Iginia veniva regolarmente due volte al giorno, una volta ogni settimana il professore. Pronto sempre l'automobile con Guglielmo a disposizione: Romualdo andava in giù e in su con la macchina piccola, solo. Quella domenica sera, c·'erano stati a, cena anche ,Maurilla e il marito : c'era pure il signor Ermanno, venuto su fin dal sabato. Erano stati allegri; e la cena s'era chiusa con un brindisi al nasci– turo, improvvisato dall'ex-consigliere, un brindisi tutto echeg– giante di mitologia e che terminava con l'invocazione a Giunone Lucina incoronata di dìttamo. Codesta corona di dìttamo aveva fatto un gran colpo sulla fan– tasia della signora Isabella. Incoronata, di dìttamo .... Perché per l'appunto quegli era andato a scegliere una corona di dittamo? C'era una ragione speciale? Ella non ardiva di domandarlo: aveva paura di passare per .una che non capisce. Doveva.essere ·stato un estro, così, uno di quegli estri che vengono nelle improvvisazioni: un, estro poetico; ma per lei era una di quelle singolarità che ri– mangon impresse perché aizzano l'immaginativa e non si riesce a trovare il rapporto : « Cosa ci à, ·a che vedere incoronata di dit– tamo? ... )). E anche dopo che tutti furono andati via e ella era salita in camera, al momento stesso d'infilarsi la camicia• da notte, si sor– prese che domandava a sé stessa: << Una corona di dìttamo ! Perché una corona di dittamo?». E non la vedeva, non le riusciva di vederla, una corona di dittamo. S'addormentò smarrendosi in codesto sforzo di fantasia. · · E le era parso d'aver chiuso gli occhi allora, quando fu svegliata da Beatrice che si buttava giù dal letto. - Che ài? - Ci siamo. La signora Isabella schizzò fuori come una molla. Si infilò la veste, bussò all'uscio di Romualdo, entrò senz'aspettar risposta. - Romualdo, ci siamo. Quegli accese la luce, si alzò a sedere sul letto, vide la suocera, capì. La suocera era già tornata di là. BibliotecaGino Bianco
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