Pègaso - anno III - n. 10 - ottobre 1931
().. Villa Beatrice 473 di più. Egli aveva sempre avuto repugnanza ed orrore per quelle che fin allora aveva chiamato « queste gobbacce )) : una repulsione, . un orrore istintivo come alcuni alla vista di certi animali, una avver– sione e un disgusto ereditari - anche suo padre COSÌ - in cui lie– vitava il pregiudizio più basso, l'abbandono più abietto alla cre– denza in una iettatura: lui, che non credeva affatto, eccettuata codesta ossessione, a simili storie, lui, così superiore ai pregiudizi, anima così generosa ed umana. Una brutta macchia, una contradi– zione di tutto il suò modo di pensare e di sentire. E non aveva mai fatto nulla per vincersi. E ora .... ah! che non fosse, che non fosse ! Dio, che gastigo ! Gli si profilava la :figurina infelice: e la :figurina infelice aveva uno sguardo triste: lo riguardava, fisso, con lo sguardo triste: e lui sentiva scoppiarsi il cuore. Dio, come l'avrebbe amata, come l'avrebbe difesa da tutti, contro tutti gli sguardi, con– tro tutti i gesti: f gesti nascosti; ma dentro! arrivare a colpire i pe;nsieri dentro, i pensieri di tutti quelli come lui fino a ieri! Era ù.n gastigo digià spaventoso codesta sola immaginazione: cosa do– veva essere la realtà! Ma perché quest'idea ? Perché, se non era un presentimento'? I primi mesi, i più pericolosi, eran passati. E il professore e la levatrice eran sodisfatti. Eran cessate le nausee, i deliqui raris– simi, cessati i crampi, soltanto un'oppre:;;sione al cuore, maggiore. Beatrice aveva incominciato a sentir la creatura. La pTima volta era stata, un pomeriggio, di ritorno da una pas· seggiatina fatta insieme a sua madre, nel giardino e nel parco. Bella giornata invernale, limpida, e l'aria frizzante: bianchi nel bel sonno nivale riscintillavano i monti di faccia, e una promessa vicina, un sentor di nuovo, a respirare dal fondo, allietava i sensi. Veniva fatto di guardare se in una proda a solatìo, se in un re– cesso tepido, un di quei fiori timidi e audaci, un di quei fragili steli sognanti annunziasse digià la dolce stagione. Beatrice aveva anche lei subìto l'incanto. Era risalita in ca· mera in uno stato di leggera ebbrezza : il caldo artificiale della stanza le aveva fatto affluire il sangue alla testa: aveva sentito· il bisogno di respirar nuovamente quell'aria che sapeva così di vita. Aveva aperto la :finestra e nuovamente goduto a respirare a polmoni pieni. 'In codesto momento, un moto dentro la parte sua più pro· fonda, un moto improvviso che non aveva nulla di simile a quanto ella aveva sentito mai dentro di sé; il distaccarsi d'un altro corpo dalle radici della sua stessa vita, il sentirsi d'un'altra vita for– mata, indipendente, che s'era staccata da lei, ma non era più lei: un altro ess~re, un essere nuovo. ·btiotecaG'no Bia'lco
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