Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

168 E. Sacchett-i Scombiccheravano ritratti grandi al vero di Padel'ewski, Sin– kievich, Leone Tolstoi oon rapide e fluide pennellate che la vernice, poi, caramellava a dovere. I personaggi illustri, u111a volta passati attraverso il filtro di quella fanciullesca innocenza, perdevano la loro ma-schilità e oosì svuotati d'ogni forza di pensiero non restava loro che la chioma prolissa e la gran barba :fluviale, lucide, vapo– rose iridescenti. Tutta la brillantina delle belve paterne passava ai ' .. peli celebri di Tolstoi e Paderewski; i quali runche loro, pover1m, parevan leooi infiocchettati e addomesticati. In mezzo a questo serraglio di belve impagliate volavano fanta- smi di grandezza e sogni di gloria. . Un fornitore che osasse reclamare il saldo di un iperbolico conto era accolto con tale· olimpica serenità cli.e finiva quasi sempre a dubitare della legittimità delle sue apprensioni e si acco111tentava di una promessa. La promessa era fatta generalmente da due o tre dei figliol0111i a nome del padre che non bisognava disturbare. Par– lavano calmi, a mezza voce e riaccompagnavano gentilmente il cre– ditore fino al cancello d'ingresso; poi tornavamo a dipingere la barba. di Leone· Tolstoi sereni e soddisfatti: il babbo 111-on doveva aver seccature. Da quamdo era morta la mamma quei ragazzoni pensavruno a tutto e in casa facevan tutto loro. Il vecchio pittore poteva starsene tram– quillo nel suo Olimpo in compagnia dei suoi grilli romantici, di Licia, Ursus e Petronio Arbiter. Se ave·sse avuto intorno a sé dieci frunciulle laboriose, la baràeca familiare 1110111 sarebbe potuta andar meglio. Perché quei ragazzoni atletici non si decidevano anc6ra a doventare uomini e nei corpi massicci di gladiatori albergavano tuttavia anime di farnciulle. Il maggiore di loro era balbuziente e la sua balbuzie era gran• diosa. Per IIlOIIl balbetta-re troppo aveva trovato un rimedio semplice e radicale: non parlava quasi mai; e questo mutismo gli conferiva un curioso fàscino che in fondo si rid'uceva al fàscino di chi sa ascol– tare. Lo sguardo e il sorriso dei suoi occhi chiari frangiati di ciglia biondissime eran probabilmente, anche loro, oo magnifico e inco- sciente bluff. · Il suo maggior titolo di gloria era quello d'aver servito di mo– dello per l'Ursus paterno: un Ursus condito in 'molte salse per le illustrazioni del Quo Vadis ? e per due o tre quadri spettacolosi che avevamo la curiosa qualità di poter esser dimenticati dieci minuti dopo che s'errun visti. Appu111to in quei giorni che il figliolo gli passeggiava nudo nello studio, il vecchio pittore fu come aggredito da Ulll novissimo pensiero. Sbollito il primo entusiasmo per le forme atletiche dell'efebo egli era stato colpito dall'aura, v~rginale che le avvolgeva; qualch~ BibliotecaGino Bianco

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