Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

LA VALCHIRIA E L'ERCOLE BALBUZIENTE. Il vecch1o pittore polacco 1I1eL cui testooe massiccio abitav3Jllo parecchi grilli rom3Jlltici in compaginia di Licia, Ursus e Pet:rooio Arbiter, aveva molti figli, - « Molti, sì, molti)) e faceva le viste di 1110n rioordarsi. nemmeno qurunti fossero, - perché da qu;mdo s'era lanciato a volo, - volo d'aquila diceva lui, - alla conquist~ del mo111do, aveva sempre fatto le oose illl grande. · La sua casa era gr3Jlld'ee grande la distanza che la separava ool oentro di Parigi. A cammmare di buon passo, dal Café de la Paix a casa sua ci v-0lev3Jllo tre ore di marcia. E lo dioeva fierame111te. I suoi conti con .i fornitori erano grandi. Soltanto al lattaio do– veva, seimila lire. «Già», diceva fieramente, « seimila lire di latte>>. E tirava fuori l'orologio. Lo guardava distratto, lo carezzava stro– filllando la calotta d?oro col grosso pollice quadrato e 1o rim'etteva nel taschilllo della sottoveste. Pareva che lo facesse sparire nella ·p3Jllcia. « Seimila lire di latte» ripeteva, e coll3i mano faceva Ulll gesto ampio e orizzontale come se tutto quel latte, invece d'essere già bevuto e digerito,-fosse li, davanti a lui oome un gran lago. Suonava il violino, male; suolllava il pianoforte, male arri.che quello; cantava co111 vooe cavernosa vecchie c3Jllzoni polacche e ro– m3Jlltiche dove si parlava di cosacchi feriti agonizzanti, là·, sulla cima della m0111~agna;e dipingeva leooi, tigri e pantere. · Non era facile capire come facesse, ma tutte quelle belve gli uscivano dalle mani con certe pellicce setose e lustreggi3Jllti come sarebbero uscite dalle mani di uin fantasioso parrucchiere che si fosse divertito a ossigenarle e spalmarle di brillantma. I figlioli quando entravano nello' studio del padre si spaventa– vwno regolarmente. Avevano imparato a spaventarsi fin da piccini perchè era pacifico che le belve di pappà dovessero far paura. E quella commediola stereotipata ,aveva una gentilezza commovente. Codesti ragazzoni facev3Jll•O 3Jllche loro, a modo loro, le cose in grande: crescevam troppo, la lor,o ingenuità era enorme, dipinge· :vano tutti co111 abilità paradossale. Il loro mestiere éra così coosu– mato e prestigioso che veniva fatto di pensare a quelle famiglie di acrobati dove aa:iche il più piccino fa il salto morta-le e cammi111a meglio sulle mami, colla testa in giù e le gambe per aria, che sui pie- dini ancora malfermi. · Siblioteca ·GinoBianco

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