Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

G. A_. BORGESE, Tempesta nel nulla 249 tavia te1·ribilmente ùolce come dev'essere quello dei cigni moribondi udito dai poeti sul limite dell'ineffabile». E qui, nono,stante Pitagora, le trombe e timpani e i cigni, di tanti pre.sunti suoni e rumori noi riu– sciamo a sentire ben poco, o forse soltanto un'eco (frequente del resto in tutto il libro) di certi modi dannunziani. La gioia sÙperba dell'ascensione sul monte, a un certo punto l'autore la esprime così: « di costa in costa, di balza i.Ii balza .... , correre, volare, chiamato rapito come s'io fossi Mosè ascendente sul -Sinai, Elia in cammino per Horeb >> ; e ,sarà vero, ma noi si stenta a credere. E quando Ilorgese più inorgoglisce di sé e si trasfigura, eoco ·che il monte solitario è divenuto per lui « il punto dove lo spazio a,fferra il tempo e non lo lascia più fuggire; dove lo spazio, superficie dell'essere, ascolta battere il suo proprio cuore, battere il tempo, e non ne impallidisce; questo omendo nascosto cuore, assurdo e certo, questo enig,ma mostruoso che è la, Vita e a ogni battito è Morte, il presente che allo stesso suo nascere è pas•sato; il Mondo natomorto, mortonato ; io credevo di aver toccato il luogo, Non-luogo, dove la Vita, emersa tutta in luce, ha reciso da,i suoi piedi la macchia nera, il vuoto d'ombra dove torrenzialmente, inesauribilmente, si precipita e affonda; il luogo non– luogo dove tutto quello -che è sta; dove ogni cosa è viva e sola La Morte è morta, il trono!>>. E di-ce di aver « intuito Dio! e che cos'è intuire se non vedere - e possedere? Io che avevo compreso Dio! e che cos'è com– prendere se non prender,e in ,sé, imprigionare nel cerchio della prop.ria mente, ripensare il Creatore? crearlo?>>. Dove in verità noi non vediamo né un invaso dal dèmone, né un superbo; né un p,ec.catore; non Capaneo, non Faust e nepptÌre Za-rathustra; ma appena un avvocato che gesticola davanti al Padreterno. E il peccato superbo di Borgese sul monte sarà stato grande, ma non certo quanto lui dioE},se nel momento della su– prema esaltazione, tra versetti di• squillo biblico, nel suo quaderno se– greto poté scrivere citazioni come queste, proprio da- buon turista: « hic manebimus optime >> ; e « quel giorno più non vi s-orivemmo avante >>. L'altro momento solennissimo, l'altro vertice del racconto è quello dell'espiazione: quando per il sentiero a picco nella roccia, il padre teme per la vita della figlia, che non debba esser lei a espiare il suo peocato di superbia. E ho già detto che tra le pagine migliori del libro, sono quelle affettuose che toccano della Nanni; ma anche qui viene il momento che l'uomo e l'artista tacciono, e l'altro Borgese continua. La Nanni per– corre il sentiero ,sull'abisso che potrebbe ,esserle mortale; e il padre che trepidando la precede, pensa così : « Giungevo, quasi quietandomi, a riconoscere che accanto a.ne probabilità di bene, quelle di male erano poche; minime forse, volendo contarle per quantità: accanto a un cu– mulo immenso, a.ppena un pugnello di polveré. Ma polvere esplosiva! Alla quale giunto che fosse il fuoco della miccia, il chicco di fuoco invi– sibile che cammina,va lungo un filo grigio invisibile tra vette ed abissi, ecco la vampa, il rombo; in un atomo d'attimo sconvolte le proporzioni : quella massa inerte di probabilità favorevoli lacerata,, scagliata a.i quat– tro venti in un unico urlo'. Questo chicco di fuoco, questa bruciatura, che veniva dall'infinito ed era ancora. nota a me solo, questo seme di yampa, favilla di destino >> ecc. Possibile che un padre a quei passi, pensi ~ dica così ? E dappertutto nel racconto, quante mitologie chia- Biblioteca Gino Bianco

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