Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

I 212 B. Cicognani La prima bigoncia era già, piena. Romualdo domandò : - Dov'è il cannellino ? - Eccolo qui. E Dreino, col tòno di chi à pensato a tutto, «-Eccolo qui>>; e andò dove a due passi, sul ciglio, eran posati dei panni. Su una pezzola bianca c'era il cannellino. Dreino lo prese c9n due dita a mezzo e lo porse a Beatrice : - Ecco, signoria. Beatrice nell'avvicinare il cannellino alla bocca, senti quel– l'odore di concio che àn tutte le cose dei contadini, basta che siano state un momento a contatto loro; e ebbe un primo urto di nausea. Si fece forza. Ma quel liquido, a· :fiore della bigoncia, quel liquido torbo schiumoso in cui galleggiavano chicchi ir-franti e àcini e raspi, le faceva schifo. Eppure imboccò il cannellino e si chinò .. L'afrore del mosto. Ohiudéndo gli occhi, cercando, a forza di vo– lontà, d'isolare i suoi sensi, pescò nel liquido e tirò su. Un sa– pore dolciastro, stucchevole, e appena buttato giù il sorso, un fuo– co e un ribollir nello stomaco e un vaneggiamento nel capo. Le cose intorno giravano. S'appoggiò alla bigoncia, si fece più forza che mai. · - Ti senti male ? Beatrice accennò col capo di no : e quel tentennamento le free di nuovo girare d'intorno le cose. , - Eù ! il mosto a digiuno lo fa. Quistione di stomaco. In certe occasioni, che una cosa faccia male non è perdonabile: è un'ombra che raffredda e dà un senso di presagio tristo: un'ombra che si riflette sulla persona come se quella ne abbia colpa. Cosi, negli animi dei contadini, giovanotti e ragazze, ch'erano li intorno, fu un cerchio di fre.ddezza, eloquente come son, nel silenzio, gli aspetti impenetrabili dei contadini. Beatrice era rimasta con le mani in un primo momento aggrap– pate e ora appoggiate lente agli orli della bigoncia. Romualdo la sorreggeva con un braccio alla vita,: la signora Isabella, il signor Ermanno, Maurilla stavano sospesi. - Non è altrò, non è più altro: ora sto benissimo. Làsciami. E si staccò dalla vita il braccio di Romualdo e ripresè il paniere e le forbici e s'avviò come se nulla fosse stato per tornar su in capo alla viottola, col suo portamento superbo, accomodandosi appena con la mano libera i capelli verso la tempia. Maurilla fu distratta dal seguirla con gli occhi da un alterco dei ragazzi presso la bigoncia, Adelina s'era impossessata del- can– nellino e aveva tirato su il primo sorso quando Cecchino accortosene glielo aveva levato di sorpresa di bocca. E ora s'accapigliavano. - Tu ài bell'e fatto: ora lascia far me - Non avevo :finito; cattivo, cattivo! BibliotecaGino Bianco

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