Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
38 A. Consiglio uomini, indegna di cristiani, la catastrofe che non finisce_,mai, che non ammazza, che fa agonizzare, e che non uccide, che fa ribrezzo, e non fa pietà. È quel rancore che Scarfoglio disseminava in molti articoli, che spuntava fuori· ogni volta che la lotta gli faceva rimpiangere una vita spesa dietro una folle chimera. I risultati delle due attività sono ineguali: che cosa aveva da rimproverare la Serao al giorna– lismo? da esso aveva avuto tutto, gloria, danaro, esperienza; il cinquantenne esercizio della professione non le aveva vietato di dare alle stampe trenta volumi, né le aveva impedito di viaggiare e di stringere relazioni cordiali coi letterati degli altri paesi. A Edoardo Scarfoglio, invece, il giornalismo dette una grande agilità d1 penna, ma tolse poi gran parte di quelle possibilità alle quali un uomo di alto intelletto attribuisce valore : tolse uno studioso alla cultura, un artista all'arte, -un esploratore ai grandi viaggi; in ognuno di questi campi egli ci ha lasciato un segno per farci misu– rare la realtà della perdita. Ben egli poteva, dunque, quando era invischiato in qualche triste o bassa polemica, quando il suo pessi– mismo innato gli caricava le tinte del cinismo e dell'ignominia circostanti, dipingere il giornale come una galera e la penna come il remo a cui egli, galeotto, era legato. Ma, sopratutto, egli trasmise alla Serao la sua incapacità di concepire il giornalismo al disopra delle sue contingenze. In un primo tempo, quando frequentavai le sale del Fracassa e poi quando fondava il Corriere di Roma, proseguito nel Corriere di Napoli, egli aveva ventilato una idea donchisciottesca del giornalismo, che si poteva dire ispirata dal giornalismo della rivoluzione francese (giornale concepito come arma personale, come pamphlet quoti– diano, espressione di un esasperatissimo individualismo). In un secondo tempo, troppo presto frantumata dagli urti della realtà questa visione donchisciottesca, egli vede 'nel giornalismo la sua galera: Voi sapete che io sono un giornalista per forza, e che da gran tempo a.vrei abbandonato questo odioso mestiere, se ogni tanto non ricevessi un pugno nel petto che esalta il mio spirito di combattività e, mi riso– spinge nella mischia. Era un anno che io non scrivev:o più, seccato di questo odioso paese; ed ecco il pugno nel petto è venuto a rimescolarmi la materia grigia e a, farmi risaltare in sella. Così egli scriveva alla signora Olga-Lodi nel 1901, ai tempi del– l'inchiesta Saredo. In altri termini, il suo temperamento ondeggiò tra due interpretazioni estreme ed errate del giornalismo; l'idea mediana, che era la giusta, ~ cioè, d'un giorna'J'ismo che fosse im– personale espress~one di cultura e, insieme, d'una corrente popolare Biblioteca 'Gino Bianco
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