Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
-MatUde Serao e Edoardo Scaifoglio 37 gettivi, spadncoinesoa e dongiovannesca 1 sono del medesimo conio donde è uscita la Repubblica letteraria. Paragoniamo ora la larghezza e l'efficacia di questo passo ai frequentissimi luoghi in cui la Serao si esprime così: « una gente smorta, chiusa nei soprabiti, coi calzoni arrovesciati sul collo del piede e col viso incerto di chi non si fida, girava per le vie>> ; cc poi un mormorio crebbe, si elevò, i ventagli ricominciarono ad agitarsi, il chiacchierio sottile e penetrante femminile, il passo di coloro che giravano pel corridoio, cercando invano un posto, il fruscio degli abiti serici, si confusero, si fusero>>; cc mi fa troppo rabbia vedere un marito magro, segaligno, arrabbioso e corroso dalla politica, sequestrare la giovane moglie>>. In questo paragone spiccherà mag– giormente la compattezza virile della prosa scarfogliana. Tracce di questa influenza si possono seguire anche in Capelli <li Sansone; a,nzi mentre la Conquista di Roma rifletteva una parte elevata del temperamento scarfogliano, le avventure di Riccardo Joanna subiscono l'influsso di una parte più debole. Il giornalismo fu destino comune tanto allo Scarfoglio che alla Serao; però mentre il primo fu un polemista con tendenze artistiche e culturali, la se– conda fu un'artista con tendenze giornalistiche, proclive alla nota facile e frivola. In fondo Scarfoglio si abbandonava a una tendenza che lo straniavà dal giornalismo, e la Serao a una tendenza che nel giornalismo la spingeva,. La Serao forse fu più giornalista del ma– rito, ma in senso deteriore; l'uno era un polemista romantico vòlto a un ideale titanico, l'altra era scrittrice di cronache legata alla ru– brica mondana di cui subiva la tirannia. Ora nei Capelli di San– sone l'atteggiamento d'odio e di rancore che assume l'autrice verso il giornalismo ci riporta piuttosto alla mentalità dello Scarfoglio. Citiamo le ultime parole pronunziate da Riccardo J oanna, dopo aver descritto al giornalista novellino la parabola della sua vita e le miserie nascoste dall'orpello d'un foglio di carta stampato: - Questa è la mia catastrofe, ... non già la bella catastrofe, violenta, grande, una tempesta ,che tutto abbatte, un buon colpo di spada attra– verso il polmone, una buona palla di pistola dentro il cranio, la morte dei forti, la morte che attira l'ammirazione, e dà una aureola di gran– dezza. No. La catastrofe piccola, minuta, volgare, quotidiana: oggi se ne va uno scrupolo, domani si abbandona una fierezza, l'altro giorno si sacrifica un sentimento, quest'altro giorno si dice addio ad una fede. Il pudor-e si sgretola, l'amor proprio si annulla. Si soffre assai, prima : poi, viene l'atonia della coscienza, quell'orribile stato, in cui si è per– duta la misura del possibile e dell'impossibile, la misura del giusto, l'atonia della coscienza in cui ogni concetto della realtà è finito, in cui si può far tutto, capite, far tutto! È la catastrofe ignobile, indegna cli
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