Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
Matilde Serao e Jj)doardo Scarfoglio 33 una, critica letteraria priva·di precise finalità politiche: egli partiva con la lancia in resta contro una letteratura europea ritenuta come espressione principale dell'equivoco democratico, della fal– sità dei pubblicani, dell'astuzia dei gabbamondi; alla teAta di quel cafarnao egli poneva Hugo, alla coda Cavallotti. Intanto, questo stato d'animo, che in Edoardo Scarfoglio aveva una sostanza squisitamente politica, trasfuso nella Serao si tramuta rapidamente in fantasma d'arte. I termini dialettici prendono in lei una sfumatura sentimentale; l'immagine polemica cede parte della sua irruenza e raggiunge un equilibrio; il contrasto ideale rimane virile ed elevato, ma è la donna che lo risente e ne intuisce i particolari coi suoi mezzi, troppo poveri per operar da soli su così vasta trama, sufficienti però ad ammorbidire lo stato d'animo com– battivo e a ridurlo in contemplativo. In Conquista di Roma, non come negli altri romanzi, l'atmosfera è larga, lo spirito dominante è compleAso e continuativo, adeguato alla vicenda e alle proporzioni del libro. La mollezza della città papale, l'ambizione politica che negli uomini è passione torbida e nelle donne gioco ameno, sono, è vero, due demoni ossessionanti, ma non soffocano l'umanità della vicenda, come nel posteriore Paese di cuccagna (1900) avviene con la passione del gioco. In questo si tratta di passioni e di movi– menti secondari e particolari che non senza artificio possono essere elevati a così smisurata altezza, al punto d'essere la sola ossessione ùi tutte le classi sociali; nella Conquista di Roma, invece, sono i principali ideali umani che in varia, forma e in varia intensità con– corrono a creare il movimento romanzesco. I vari tipi di affittacamere pongono Sangiorgio in diretto con– tatto col popolo grasso della capitale, pigro e materialista. Il con– trasto tra la sete di lotta ideale che il novellino porta dalla pro– vincia e la calma, torpida della città papale si delinea fin dalle prime pagine. Quando Sangiorgio contelllpla il panorama di Roma in compagnia del deputato Giustini e sente le parole disilluse ed esperte del collega toscano, il contrasto si precisa con chiarezza e verità: È quel che si sogna, venendo qui! - seguitò Tullio Giustini, con un breve riso sarcastico. - Tutta una serenità amorosa di grande città che vi aspetta, poiché voi siete gLovane e avete inge~o e_volete lavo– rare e non essere indegno della città augusta. Anche 10 c1 son venuto così e mi pareva che il primo cittadino romano dovesse abbracciarmi. Invece, dopo tre o quattro anni di rodi.mento, di tormenti interni e. di forti delusioni ho imparato varie cose: che ero troppo aperto per rrn– scire in politida, che ero troppo brutto per pi.a-cere alle donne, che ~ro troppo malato per riuscire in una scienza, che ero troppo du:o per r_rn– scire in diplomazia. Questo ho imparato e da questo una verità, fulgida come il sole, terribile come la stessa verità: Roma non si dà a nessuno. 3. Pègaso. bl1oteca Gino Bianco
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