Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio 31 atteggiamenti attinge alle intime profondità dei caratteri. Per ·esempio: ... FrancflSCO,Sangiorgio aveva preso quella mano alzata: egli scherzava con le dita, leggermente, intorno a un anello di brillanti, intorno a una opale allungata; dalla tinta lattea. Sangiorgio abbassava ogni tanto la testa sulla mano come per ischerzo, e finì per badarla, sulla linea del polso. Donna Elena non gli ispirava più alcuna soggezione : gli sembrava di essere in intimità, con lei; da un pezzo; gli venivano una quantità di idee volgari; una leggera ebbrezza rimastagli dal giorno, rinforzata ora da quell'ambiente femminile tutto profumato di oorylopsis, da quella donna p rovocante, da quelle parole che a forza. di paradossi diventavano bruta.li , gli fac.eva crollare il capo. Per affermare questa sua intimità con do nna Elena, avrebbe voluto distendersi sopra un divano, o buttarsi sul tappeto, o gittare i fiammiferi nel caminetto, fare delle impertinenze da bambino ineducato. Resisteva a queste tentazioni con uno sforzo di volontà, ma il sorriso ironico che piegava sdegnosamente il labbro infe– riore di donna Elena, ma il lieve fremito delle nari che animava quel grande naso aquilino femminile, l'aristocrazia e la bruttezza di quel volto lo eccitavano. Piano ,piano le cavò gli anelli dalla mano sinistra, facendoli ballonzollare nella propria mano ; e in quella specie di ubbria– chezza çhe lo vinceva, il ·suo più forte desiderio era di cavarle una scar– petta, per vedere il piedino che si sa,rebbe ripiegato, nudo nella calza, quasi pudico. Altrove alcuni passaggi sono d'una modernità e d'un impres– sioni~mo veramente mirabili. Le donne guardavano, inerti, come se non vedessero nulla, per con– servare la serenità, - e salivano piano, per non scalmanarsi, perché sul viso non fosse turbato il pallore eguale o il fiorente roseo. Dopo tanta nervosità febbrile, la calma egoistica della donna che vuol restar bella era scesa in loro: e bastava vedere la tranquillità con cui nel grandis– simo salone degli arazzi, trasformato in guardaroba, up po' freddo, esse discioglievano i nastri, snodavano i cappi dei mantelli, lasciandoseli to– gliere delicatamente dalle spalle, conservando la loro al.)parenza di bel– lissime statue insensibili e semoventi; bastava vedere il gesto flemma– tico, con cui distendevano su per le braccia la pelle cedevole dei guanti di Svezia, mentre il marito, o il fratello, o il padre, aspettava, impa-– ziente, col braccio pronto, per accompagnare la bella indifferente e serena che si rialzava pacificamente le spalline del corpetto un ,po' spostate. In altri punti l'artificio più ingenuo vizia la compattezza della narrazione. Valga per tutti il luogo in cui la scrittrice dispone nei giardini del Pincio il primo convegno tra Francesco e Angelica, e tutte le romantiche digressioni che ella cava dal contrasto tra la solitudine del viale, i gravi pensieri dei due eroi e la rumorosa gaiezza del popolo che impazza nelle vie del centro. Però, mentre Bibliotec·a G no Biane,o
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