Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

Soffio 17 la strada, la gente, le case, lo specchio; ecco, lo ritoccavo, m'ap– pressavo a cercarmi in esso; non c:ero. non c'era nemmeno la mano che pur sentiva sotto le dita il freòdo della lastra; un impeto mi prese, frenetico, di cacciarmi in quello specchio in cerca della mia immagine soffiata via, sparita; e mentre stavo così contro la lastra, uno, uscendo dalla bottega, m'inveRtì e subito lo vidi balzare indietro inorridito e con la, bocca aperta a un grido da pazzo che non gli usciva, dalla gola: s'era imbattuto in qualcuno che doveva esser li, e non c'era, non c'era nessuno; insori-;e in me allora pre– potente il bisogno d'affermare che c'ero; parlai come nell'aria; gli soffiai sul volto: «L'epidemia,! J) e con una manata in petto lo ab– battei. Intanto la via, messa in subbuglio da coloro che prima erano fuggiti e che ora, con visi da Rpiritati, tornavano indietro, certo con– citando tutti in cerca di me, s'empiva di gente che da ogni parte rampollava, strabocchevole, come un fumo denso di facce cangianti che mi soffocava, vaporando quasi nel delirio d'un sogno spaven– toso; ma pur pigiato tra quella calca, potevo andare, aprirmi un solco col soffio sulle mie dita invisibili. «L'epidemia! l'epidemia!>>– Non ero più io; ora finalmente lo capivo; ero l'epidemia, e tutte larve, ecco, tutte larve le vite umane che un soffio portava via. Quanto durò quell'incubo ? Tutta la notte e parte del giorno ap– presso stentai a uscire da quella calca, e liberato alla fine anche dallo stretto delle case della città, orrenda, mi sentii nell'aria della campagna aria anch'io. Tutto era dorato dal sole; non avevo corpo, non avevo ombra; il verde era così fresco e nuovo che pareva spun– tato or ora dal mio estremo bisogno d'un refrigerio, ed era così mio, che mi sentivo toccare in ogni filo d'erba mosso dall'urto d'un in– setto che veniva a posarsi; mi provavo a volare col volo quasi di carta, distaccato, di due farfalle bianche in amore; e come se vera– mente ora fosse uno scherzo, ecco, un soffio e via, e le ali distaccate di quelle farfalle cadevano lievi nell'aria, come pezzi di carta; più là, su un sedile guardato da oleandri, sedeva una giovinetta vestita d'un abito di velo celeste, con un gran cappello di paglia guarnito di roselline; batteva le ciglia; pensava, sorridendo d'un sorriso che me la rendeva lontana come un'immagine della mia giovinezza; forse non era altro veramente che un'immagine rimasta li della vTia, sola ormai sulla terra. Un soffio e via! Intenerito fino all'an– goscia da tanta dolcezza, rimanevo lì invisibile, con le mani affer– rate e tra,ttenendo il respiro, a mirarla da lontano; e il mio sguardo era l'aria stessa che la carezzava senza che lei se ne sentisse toccare. LUIGI PrnA:-.DELLO. 2. Ptuaso. BibliotecaGino Bianco

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