Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

SOFFIO. I. Certe notizie sopravvengono così inattese, che si resta lì per li sbalorditi, e dallo sbalordimento pare non si trovi più modo a uscire se non ricorrendo a una delle frasi più fruste o delle consi– derazioni più ovvie. Per esempio, quando il giovane Calvetti, se– gretario del mio amico Bernabò, m'annunziò la morte improvvi.sa del padre del Massari, da cui poco prima Bernabò e io e ravamo stati a colazione, mi venne d'esclamare: « Ah la vita cos'è! Basta un soffio a portarsela via>>; e congiunsi il pollice e l'indice d'una mano per soffiarci su, come a far volare una piuma che tenessi tra quelle due dita. Vidi, a quel soffio, il giovane Calvetti farsi brusco in · volto, poi piegare il b11sto e portarsi una mano al petto, come quando s'avverte dentro, e non si sa dove, un malessere indefinito; ma non ne feci caso, parendomi assurdo ammettere che quel ma– lessere potesse dipendere dalla stupida frase che avevo detta e dal ridicolo gesto con cui, non contento d'averla detta, avevo anche voluto accompagparla; pensai a qualche fitta o puntura ch'egli avesse avvertito, forse al fegato o al rene o agl'intestini, momen– tanea a ogni modo e senz'alcuna gravità. Senonché, prima di sera, mi piombò in casa costernatissimo Bernabò : - Sai che m'è morto Calvetti? - Morto? - All'improvviso, nel pomeriggio. - 1\fa se nel pomeriggio era qua da me ! Aspetta, che ora po- teva essere ? Saranno state le tre. - E alle tre e mezzo è morto ! - Mezz'ora dopo ? -- Mezz'ora dopo. Lo guardai male, come se con quella conferma intendesse sta– bilire una relazione (ma qua,le ?) tra la visita a me e la morte re– pentina del povero giovine. Ebbi come un impeto dentro, che mi forzò a respingere sùbito quella r·elazione, foss'anche fortuita come . . ' un sospetto d1 rimorso che me ne potessi fare ; e a trovare a quella morte una ragione estranea a,Ila visita; e dissi a,1Bernabò dell'av- BibliotecaGino Bianco

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