Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Amore 573 al lavoro; per ora leggere e scrivere e far di conto gli basta; a stu– diare c'è sempre tempo dopo, se ne avrà voglia. Tanto da ragazzi non s'impara nulla>>. Era un uomo di poche parole, ma a vederlo lavorare COIIl le ·mami, se c'era da far qualche· accomodatura per la casa, era un piac.ere a guardarlo, come prendev•a le cose in maino, oome le S•apeva maneggiare. Invece la mamma di Fausto, 1I1onche me lo dicesse, ma me lo faceva sentire che ero un'iIDtrusa. Era u,na, d01I1na modesta, stava sempre zitta, IDon usciva mai di casa. ,Mi tollerava perché lavoravo ta1I1todi voglia, mentre lei era un po' trasandata, un po' pigra; ma faceva -presto a arrivar coo la lingua. E anche con. le m3.1Ili, qualche volta. Urn giomo suona il campanello, vado a aprire e mi trovo davainti il mio babbo. Era venuto a prendermi. Scoppiai in un pianto dirotto. - Era, lo capivo allora, quella memoria straordinaria, sopranna- - turale che dava ililteresse al suo racconto. Senza che 1I1emmenosi provasse a descriverli, si vedevano ,s:fi.1are IIlei suoi occhi i luoghi dove avvenivano quei fatti. con i più piccoli particolari, come se li avesse davanti. E se a me taeeva le scenate che aveva dovuto soffrire aHe mani deHa mamma di Fausto, nel farne appena cenino si sentiva che lei le riviveva. Così in quelle due parole con le quali disse dell'arrivo del padre, c'era, per lei, e anche un po' per me, la visione completa; la bambina che guarda di sulla soglia, il pianerottolo sulle scale buie cli dove sorgeva l'uomo che l'avf'ebbe tolta alla vita che le era ormai diventata così cara; come, quando parlava di Fausto, entrava nelLa sua v•oceun tono più basso e più raccolto che smentiva la semplicità, la sciattezza delle parole. - Fausto però era un ragazzo d'i1Iliz1ativa, e non passò una. set– timana che me lo vidi apparir davanti, col suo carretto, come la prima volta. Mi avevano messo in casa di. un pizzicagnolo di Via dei · -Malcontenti, e dopo le cinque, sbrigate le faccende, portavo fuori i bambini. Giù dal Lungarno scendevo verso i pratoni della Zecca e passato i viali si ca.lava sul greto dell'Arno che a quell'epoca era aperto a tutti; non c'eran muri. D'estate, quando l'Arno era in magra, si poteva andar sui Renai che i bambini ci si divertivano tanto coi ciottoli e la rena. I ragazzi ingra,ndiscono tutto con la mente; quelli eran deserti, c'eraino mari e monti, laghi, fiumi e paesi. Si nascondevano fra i cespugli, che per loro erom.foreste, facevano la guerra, era un gran divertimento. Dopo un poco appariva Fau– sto; fra quel terreno accidentato s'era trovato un viottolo che ve– niva giù col carretto come alle montagne russe_ Quando arrivava lui i bambini gli si Illettevan tutti dintorno; ne inventava di tutte; io non so come facesse, a me non mi è mai riuscito di far divertire i bambini; benché anche con me ci stiano volentieri. Ma è un'al– tra cosa. BibliotecaGino Bianco
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