Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

572 D. Cinelli d:i qualcuno che gli voglia bene. Io no, altrimenti.- ... - Si capiva subito, bastava guardarla; una donna così in una casa è come se non ci fosse o piuttosto come se ci fosse sempre stata. Certo non ci doveva esser mai da ridire su quel che faceva, ma inon doveva nemmeno passar per la mente di prendérsi d'affezione per una don- 111ina quel modo. S0111 creature che sparisco1110;del resto si nasCO[l– d01110 dia sé. - .... altrimenti, 111el mio mondo avrei avuto poca soddi.sfa.zio111e. Anche i miei genitori, povera gente, lassù, anche. la mamma era sempre stata rinvoltata fra i :figlioli pfocini, e io, sin da quaaido ho memoria, mi rammento d'av,erne a,vuti da badare due o tre. E il babbo, la sera quamdo tor,nava dal lavoro, aveva f,ame e soono. E ora, quasi quasi, non mi ci potevo abituare, a come quel ragazzo mi portaV'a in palma di mano. And'ava a lavorare da un pol1aiolo di Via de' Neri, portava la roba alle case, col carretto; e io, tutto il giorno, lllon facevo che aspettar l'ora che tornasse a_casa. Si era messo illl testa- d'insegmarmi a leggere e scrivere, ma invece quaaido - prendevo il libro, di parola in parola si metteva a leggere a voce alta, e d'imparare non se ne parlava più. Che libri eran quelli. Io mi rammento di c,a,stelli e di prigioni, di regine e cardi1I1 1 ali, di ca– valieri e di capitani, di avventure che si stava c-olcuore sospeso per saper oome aIDdavaaioa finire. Dopo, quamdo ho imparato a leggere,· ho letto taaiti libri, ma oome quelli non ne ho trovati mai. Li ho anche cercati, ci vogliono per leggerli ai ragazzi; ma quelli eraai differenti. Non me 1I1e scorderò mai. 'Ma perché ci .si perdeva ta.nto con me, quel ragazzo ? - Forse, le si sarebbe potuto dire, perché era. un po' la cosa sua, perché l'aveva trovata, l'aveva salvata, si può dire; era un giocattolo nuovo, e vivo per di più, di carne e d'ossa; come i ragazzi di un'altra condizione si divertono con un-canino pomero, o un poney, secon do i mezzi, o magari un canarino. Ma non son cose da dirsi. - P.er me, era Ulll'altra cosa. Bisogm.;:i, mettersi nei piedi di una bambi na c om'ero io, sola, spersa per il mondo, per capire come ci si può atta-ccare a uno 'Che ci dimostra; un po' di bene. È amche l'età. E poi Fausto era Ulllragazzo diverso dagli altri; bisognava affezio- narcisi per forza. · Del babbo di Fausto avevo ,soggezione, ma era un uomo da ri– spettarsi. Era caposquadra all'officina, giovane a quel modo. Non era di tan~i scherzi; la sera stava sempre in casa, a leggere, a studiare. Qualche volta stava_a sentir Fausto che leggeva, ma scuo– teva la testa e diceva: << Tutto tempo buttato via; le cose non succe– don mica a quel modo>>.Qualche volta inveoe pareva che ci prendesse gusto anche lui. La moglie lo rimproverava perché non aveva fatto seguitar gli studi al figliolo che ci aveva tanta vocazione. Lui ri– sp0111deva sempre a un modo : « Prima bisogna che prenda il verso BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy