Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

I 570 D. Oinelli qua e là, •sugli scalini, davanti alle cancellate, che nessuno ci bada. E mi pa,r di ritrovarmici io, la, bambinetta che ero, sola, 3Jlla co– lo1I11I1a, a aspettare. Passò un po' di tempo, gente nolil!Ilescendeva più e quella donna non ritornava. Ma io non ci facevo caso ; chissà, una volta lontana dal paese mi pareva tutto naturale. Soltanto mi pe– ritavo a allontanarmi dalla colonna e non fu che dopo un bel pezzo che feci qualche passo verso il loggiato di dove eravamo uscite. E lì} invece del cancellino aperto, mi trovai contro un portone a vetri, chiuso. E non c'era più nessuno. Non che mi perdessi di coraggio, ma a veder deserto il piazzale che or ora era cosi affollato, mi dava un po' di sospetto. Torlilai al mio posto alla colonna, ma il tempo passava e non veniva nes– suno. Davrunti c'era la piazza, e a me mi pareva che a 'Ml.dar su e giù per il marciapiede, le avrei dovute incontr;:1,re, o prima o dopo, la zia Iginia o quella do1rnna.E presi di lungo le botteghe, col mio f~gotto, che la goote frettolosa c'inciampava; a poco a poco comin– ciavo a sentirmi sgomenta. Non era come al mio paese; c'era tanta gente, e le strade non :finivrunomai. Tornai indietro, mi ritrovai iJn una piazza, e mi rallegrai tutta: mi avrebbero ritrovata li ferma, a aspettare. Ma mi avvidi che la piazza era tutta differente; al posto della stazione c'era UIIlachiesa tutta di ma,rmo. Di chiedere alla gente non mi azzardavo davvero; e poi non si fermava nessuno. Non sa,pevo più come fare, ma proprio persa ·di cora,ggio, non ero. Mi misi a sedere sugli ,scalini della chiesa, posai il fagotto, e presi a dar qualche morso nel mio cantuccio di pane . .Sarò stata cosi, chi lo ·sa, UIIlquarto .d'ora, mezz'ora, quand'ecco alzrundo gli occhi mi trovai davanti un ragazzo che mi guardava, a bocca aperta, come se IIlonavesse mai visto UIIl'a bambina a sedere per terra. Son passati tant'anni, succedon tante cose, si cambia tanto 1I1ellavita; chi lo sa perché certe cose di nulla IIloinsi dimenticano mai, e, a ripensarci, par di esser sempre quelli di una volta. Ec– colo li, appoggiato contro al suo carretto, con un pied~ sull'ultimo scalino della gradinata e una mano sulla stanga. Forse s'era fer– mato per ridere di quella bambina che se ne stava sui gradini della chiesa come se fosse a badar le pecore in un prato, a sedere su un sasso: ma poi aveva cambiato idea, e si era messo a guardarmi, tutto meravigliato. Finalmente mi chiese dove andavo. « Dalla zia Iginia )). Chissà, mi p11reva che dovesse bastare, che la gente si dovesse conoscere, come da noi. Allora mi chiese dove stava la zia, e quando gli risposi che non lo sapevo, sali qualche scalino e mi chiese come volevo fare a trovarla se non sapevo dove stava. · E io gli racco1I1taic,om'era aindata; del treno, d[ quella do!Ilna, dell'ombrello. _ « Ma IIlonlo capisci che ti sei spersa?)). Sicuro; ora specialmente BibliotecaGino Bianco

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