Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

A. CoEUROY et G. CLARENCE, Le Phonographe 509 problemi radiofonici, in rapporto alla musica, si occupano e si preoccu– pano nientemeno che i dirigenti della « Hochschule fiir Musik » di Ber– lino, dove già da tempo funzionano un ufficio sperimentale diretto dal– l'eruditissimo musicologo Georg Schunemann (uno specialista di peda– gogia musicale) nonché parecçhi corsi regolari professati da artisti come Paul Hindemith e Max Butting, quest'ultimo incaricato della composi– zione e della istrumentazione; e che infine esistono un po' in ogni paese, - eccezion fatta dell'Italia, - archivi e discoteche per la raccolta e conservazione del patrimonio folcloristico nazionale, canzoni e danze : il « Phonogramm Archiv » di Berlino fondato nel 1905 dal dottor von Hornbostel, le sezioni musicali del « Field Museum » di Chicago e del- 1'« AD).erican Museum of Natural History l> di New York, le collezioni che per l'amore e lo studio di Béla Bart6k e Zoltan Kodaly sono oggi decoro e vanto del« Museo Nazionale Ungherese» di Budapest, ed altri anc6ra, a Parigi, a Vienna, a Bucarest, a Copenhagen. (Che cosa pensa di fare il Comitato Nazionale Italiano per le Arti Popolari, di cui è presidente Emilio Bodrero? che n',è stato della proposta di Carlo Clausetti alla seS– sione plenaria del Comitato stesso, a Roma, nel 1929 ?). Non so di preciso se in qualche Conservatorio italiano vi siano inse– gnanti di storia della musica che si giovano del disco fonografico per illustrare o meglio per integrare la lezione verbale; tuttavia, da quello che mi risulta, nella maggior parte di essi il metodo non è mutato negli ultimi anni, e le scuole di storia della musica continuano ad essere (salvo due o tre eccezioni) scuole, più o meno elevate, di retorica, di letteratura e, per dannata ipotesi, di erudizione. Provate a chiedere ad un allievo di composizione ~he' cosa egli conosca, per diretta impressione, dei ma– qrigalisti, poniamo, del cinque o seicento nostri; se abbta mai sentito un esempio sonoro da ricordare accanto a quei nomi di cose un poco fa~ volose e misteriose che il suo manuale o il professore gli ha posto innanzi più e più volte: discanto, organum, falso bordone, diafonia e vai dicendo; e vi convincerete che la materia insegnata col nome di storia della musica ha un rapporto assai vago e lontano con la musica; la quale (salvo errore) ci tocca e ci muove, quando ci muove, attraverso il senso dell'udito. Una tal defi.cienza, diciamo, di collegamento sarebbe sanata se l'insegnante si giovasse abbondantemente dei dischi di fonografo. (Esistono oggi rac– colte di dischi per l'insegnamento della storia della musica; e d'altra parte chi voglia potrà farsene una di suo piacimento scegliendo negli ormai copiosissimi cataloghi delle case maggiori). Invece di mille parole e tre misure al pianoforte, capovolgere il rapporto ; dieci parole ed un disco di tre minuti: dopo un disco di tre minuti. L'allievo ascolti, una due tre volte, la musica in una buona esecuzione: poi se ne potrà ra– gionare. Nelle scuole di storia dell'arte delle Università si fa per l'ap– punto così: l'au,la è trasportata nel museo, nella pinacoteca, in una chiesa, dinanzi ad un palazzo, nelle sale di una mostra temporanea: e l'allievo può guardare, pensare, chiedere spiegazioni, dati, giudizi. Così la critica e la storia restano aderenti all'opera d'arte e non si sperdono nei ci~li non sempre sereni e luminosi della letteratura applicata all'arte, dei filosofemi che sanno d'imparaticcio o, ch'è peggio ancora, dell'eru– dizione di seconda o terza mano. In tal modo verrebbero a formarsi inol- BibliotecaGino Bianco

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