Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

A. THÉRIVE, Le Parna-sse 507 sione di portata universale, ~ cioè di termini arquisiti e comprensibili per tutti gli uomini: un'osserrnzione d'apparenza bonaria e pacifica, ma che dice pur molto. Con tutti questi pregi egli giunge a un risultato che non diremo sa– rebbe stato impossibile a_d altri, ma che certo appariva per chiunque difficilissimo, e che a nessun altro finora è riuscito cosi bene (né, per fa.r qualche nome,. al vecchio Mendès, pure tutt'altro che trascurabile, né a,l Clouard né al Cassagne, e neppure all'ottimo Martino, per tra– scurare il r,ecentissimo volume del Souriau, discreto come raccolta di notizie, ma -confusionario e pletorico): quello çioè di definire, nei limiti del definibile, di fissare l'estetica, il gusto, gli idefl,li, la situazione so– ciale e le caratter1stich,e tecniche della scuola parnassiana. In tutto ciò lo serve mirabilmente quel suo particolare ingegno che dicemmo. Quello stesso che è poi responsabile però dei molti manca– m~nti della seconda parte della trattazione, quand'egli passa a va– luta-re i singoli poeti. Né si creda con questo di trovarsi davanti a dei volgari errori : il Thérive è troppo uomo di buon senso, e dove un preciso giudizio non lo soccorre nello stabilire i pregi caratteristici di questo o dell'altro poeta, una specie di naturale intuito gli evita la caduta, e gli permette di cogliere almeno nell'assieme l'importanza del fenomeno. Ma tutto ciò non basta: egli sa bene, in teoria, esser!! la poesd.a nient'altro che l'espressione di un particolare tempe:ramento poetico, come la prosa: sa bene essere concesso alla poesia, per rag– giungere questo scopo, un uso delle suggestioni ritmiche, fonetiche e persino grafiche assai maggiore di quello che per ·solito alla prosa non sia concesso; ma che spesse volte nella poesia l'importanza di codesta stilizzazione sia assolutamente preponderante (sempre per parlare col suo grazioso e arrischiato linguaggio), è cosa della quale in pratica pare non riesca troppo bene a ricordaJ>si. Malgrado tutto agli occhi suoi, e dei temperamenti letterari come il suo, come già agli occhi di un Vol– taire (se il nome non vi spaventa), una poesia è tanto più alta e potente in quanto esprime con polita eloquenza elevate fantasie, nobilissimi con– cetti. Opinione che ha anch'essa una sua parte di vero, ci insegnerebbe Croce, ma che può riuscire assai pericolosa. Nel caso specifico l'ottimo Thérive ne è conùotto a, sopravalutare (per accennare cosi alla svelta solta.nto a qualche caso più importante) la statura poetica di un De L1sle, ad accettar come Vangelo, assolutamente, a occhi chiusi, certo superbo stoicismo che, riguardato un po' da vicino, talvolta dovrebbe invece rivelare la posa accademica. Ed io non vorrei aver l'aria di ab– bassare il De Lisle : ma si ricorda il Thériv~ che a fianco a un De Lisle viveva, in quei tempi, Baudelaire ? Per lo stesso fenomeno, come sono troppo innaJzati alcuni, coBi è valutato troppo poco il Gautier, fino al punto da dichiarare la sua qualità di poeta troppo inferiore a quella di prosatore: e lo stesso gli accade con Banville. Anche l'antologia che occupa la seconda parte del volume, lo dimostra bene: essa è tutta un po' fa1sata, si direbbe che gli sfugga la pa,rte più preziosa dell'arte di Gautier, quella certa grazia ronsardiana che assume e trasforma non di rado la pesante materia coloristica, fino a farne delle strofette che sono brevi capolavori; si direbbe ch'egli è sordo davanti a quello che io BibliotecaGmo Bianco

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